Un gruppo di speleologi si è immerso nella sorgente Bossi ad Arogno, dove un anno e cinque mesi fa un 39enne italiano perse la vita (vedi articoli correlati). Le autorità hanno deciso di riaprire la grotta, che nasconde ancora molti segreti, alzando però l'asticella delle misure di sicurezza richieste nei confronti di chi vorrebbe esplorarla.
"Trascorriamo anche 16/17 ore quando siamo dall'altra parte, nelle nostre esplorazioni — racconta Hubert Zistler, presidente della sezione ticinese della società svizzera di speleologia ai microfoni della RSI (ascolta l'audio allegato a questo articolo) —, dimenticare qualcosa che serve in caso di emergenza può diventare davvero pericoloso".
Zistler ha ispezionato la grotta per verificare che tutto sia a posto: l'ultima volta che si era immerso è stata proprio per recuperare il corpo dello speleologo 39enne. "Fino a pochi anni fa era la grotta più profonda dietro la quale si apriva una grotta asciutta con dei pozzi verticali, un unicum al mondo. Il sesto sifone potrebbe essere il collettore principale del Monte Generoso. Il nostro sogno è sempre quello di esplorare il percorso dell'acqua, la sua origine".
Corrado Sartori, sindaco di Arogno, ricorda che l'accesso della grotta è permesso solo a professionisti preparati. "Il caso dell'anno scorso è stato un incidente". Luisa Cardellicchio, legale delle Aziende industriali di Lugano proprietarie della sorgente, sottolinea che solo chi dimostra preparazione e capacità potrà avere le "chiavi d'accesso" all'esplorazione di questo patrimonio naturale.
CSI/px
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