Quest’estate a Sud delle Alpi sono stati registrati sei casi di dengue e per quattro di essi si è proceduto all’attivazione di un protocollo messo in atto dagli specialisti della SUPSI, in accordo con il Comune e le persone coinvolte. L’obiettivo è stato di evitare che una zanzara tigre diventi infetta, pungendo il malato e trasmettendo poi il virus magari al vicino di casa con un’altra puntura.
Giorgio Merlani, medico cantonale in Ticino, ha spiegato al Quotidiano i motivi della procedura: “L’idea è di registrare i casi di dengue e vedere se hanno una malattia attiva. E se si trovano in una zona dove la zanzara è presente, si va a intervenire per ridurre la popolazione adulta in modo da ridurre il rischio di diffusione di dengue”.
In Italia è stato registrato un primo caso autoctono proprio un paio di giorni fa, a Brescia. In Francia se ne contano già fra i 40 e gli 80 all’anno.
Nella forma classica la malattia si manifesta con febbre alta, dolori alle ossa, mal di testa in particolare attorno e dietro gli occhi e macchie sulla pelle. “Quel che fa paura - spiega il medico cantonale - è che se uno ha già fatto la dengue e la rifà, causa una febbre emorragica con un decorso che può essere letale.”
Da noi la dengue viene seguita da vicino, ma in alcuni Paesi tropicali è diventata un’emergenza
Giorgio Merlani, Medico cantonale ticinese
La malattia è particolarmente diffusa in Sud America, in estremo oriente e in Africa. In caso di viaggio nelle zone a rischio è meglio proteggersi seguendo le consuete raccomandazioni, come vestiti lunghi, repellenti e zanzariere per dormire.
Per la dengue attualmente esistono due vaccini. Prima di partire è importante informarsi presso gli esperti di medicina di viaggio.