Benché siano passati più di dodici mesi da quel disastro, i segni, le cicatrici sul territorio sono ancora ben presenti. I massi sono ovunque nella zona. C’è quello enorme, caduto dalla Val Larechia. Lo chiamano “il boccione” ed è diventato il simbolo della furia di quella notte. Segni visibili, sì, ma è anche avvertibile la voglia di rilanciarsi, di immaginare il futuro. Oggi ha avuto luogo infatti, il secondo laboratorio partecipativo per la ricucitura del paesaggio fra Fontana, Bosco e Mondada. In pratica, un momento di incontro e di discussione fra la gente del posto, spesso proprietari, che possono così avanzare delle proposte. Fra i coordinatori c’è Marcello Martinoni. “Le persone che partecipano sono molto attive, sono proprio interessate, vogliono poter esprimere la loro opinione”, ha dichiarato ai microfoni del collega di SEIDISERA che ha seguito l’evento. “Sono anche preoccupate per quello che succederà e hanno colto il senso dell’esercizio: definire - prima che arrivino i professionisti - alcuni punti fermi e importanti”.
SEIDISERA del 05.07.2025, il servizio di Nicola Lüönd
RSI Info 05.07.2025, 21:40
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C’è chi vede nei massi un emblema che deve rimanere per ricordare il dramma, chi ci legge un’opportunità per attirare gli appassionati del bouldering; chi teme troppi turisti e chi- come Pietro Martini del Patriziato di Cavergno - cerca di identificare degli oggetti simbolo della memoria, luoghi scomparsi che potranno avere nuovi significati: la cappella degli Australiani o il ponte del sale. Per tutti, una delle priorità deve essere data dall’agricoltura, senza costruire però nuovi terrazzamenti. Si mescolano dunque speranze e timori: “La mia paura è che le leggi [federali] scavalchino i lavori che facciamo oggi o l’interesse che c’è oggi”, confida Eugenio Dalessi, che rappresenta i terrieri della terra di Fontana. Per Dusca Schindler, municipale Cevio e membro della direzione di progetto per la ricucitura del territorio, questo esercizio è essenziale: “evidentemente gli spunti non potranno essere presi a uno a uno, però saranno consegnati ai progettisti che dovranno tenerne conto. Io penso che questo sia estremamente utile per non avere un progetto calato dall’alto, ma un progetto creato con la nostra gente, con noi”. A settembre si farà la sintesi di quanto emerso e da lì il dossier e le proposte passeranno nelle mani della direzione di progetto.
Martedì, invece, nel corso di una serata pubblica, il Cantone - in collaborazione con il Comune di Cevio - presenterà il nuovo piano delle zone di pericolo, che riguarda i riali laterali della valle Bavona. Alcuni proprietari della zona disastrata hanno ricevuto una lettera che indica che la loro proprietà si trova in “zona rossa”. Il che dovrebbe significare che, per loro, non sarà più possibile ricostruire nello stesso punto.