“Mi chiamo Federico Guglielmi. Nome d’arte Wu Ming 4 e la mia funzione è scrivere e raccontare storie”. A Chiasso, dove domani, sabato, alle 13.30 Guglielmi sarà ospite al cinema Excelsior nell’ambito di ChiassoLetteraria, SEIDISERA ha intervistato questo rappresentante del collettivo di scrittori italiano che, ad inizio degli anni 2000, attirò l’attenzione con alcuni casi letterari (a cominciare dal romanzo Q). Nel tempo i membri sono cambiati e per differenziare queste fasi, il collettivo ha aggiunto un numero al nome.
Come collettivo non celate la vostra identità anagrafica, però cercate di non farvi fotografare e non partecipate a trasmissioni televisive. Non vi nascondete, ma siete anche discreti. Come ce la fate in un mondo così digitalizzato e mediatizzato?
“È una bella domanda, ma in realtà è più facile di quello che può sembrare. È chiaro che questo ti porta a rinunciare a un certo tipo di visibilità. Però questo ha dei vantaggi. Quando incontro qualcuno per strada che mi riconosce, vuol dire che abbiamo condiviso in carne e ossa un momento insieme”.
Il vostro collettivo, all’inizio, ha puntato molto sul romanzo storico. Poi avete cambiato, ma la storia resta ancora l’espediente per esplorare altri generi, per esempio, il fantastico. Nel momento attuale bisognerebbe forse guardare il reale per comprendere il presente, oppure una cosa non esclude l’altra?
“Certo, la storia è sempre la base e non è detto che con delle iniezioni di fantastico non si riesca a raccontare la realtà, a volte anche in maniera più efficace che col canone realistico”.
Il libro come oggetto fisico resiste. Quindi scrivere è un’arte della resistenza?
“Sì, della resistenza a tante cose. Il sopravvivere della scrittura è molto difficile. Secondo noi è importante continuare a farlo con un certo stile, dimostrando che è possibile farlo in un certo modo. Non sentiamo il bisogno di parlare di tutto, per esempio, di esprimere la nostra opinione su qualunque polemica recente”.
È un pregiudizio pensare che ai giovani non interessi più leggere?
“Secondo me c’è in atto un cambiamento antropologico. Cioè è vero che la lettura continuativa, la lettura di un romanzo, per esempio, è sempre più difficile perché la soglia dell’attenzione si è abbassata e sarà sempre più frastagliata. Siamo sempre più distratti da altro, però si racconteranno sempre storie. Quindi casomai forse si tratta anche di ragionare su quali sono i nuovi modi e le nuove forme, senza per questo perdere il gusto di farlo”.