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Dentro al crac della banca della Silicon Valley

Intervista a Jon Hilsenrath, giornalista del WSJ e premio Pulitzer: "Non è come il 2008, ma si è comunque scatenato il panico"

  • 14 marzo 2023, 09:56
  • 24 giugno 2023, 05:33

Banche, il rischio rimane

Telegiornale 13.03.2023, 20:00

Di: Massimiliano Herber / redMM

Il terremoto in California non è stato il famoso Big One, quello tanto annunciato e temuto causato dal movimento della placca nordamericana e quella pacifica, ma è stato finanziario. Le conseguenze della scossa non sono ancora chiare, ma il collasso della Silicon Valley Bank è stato il secondo più grande fallimento bancario della storia americana dopo Lehman Brothers, tanto da spingere le autorità di regolamentazione, Federal Reserve e Segreteria del Tesoro, ad agire velocemente per arginare le conseguenze, annunciando misure per proteggere i correntisti ed evitare il contagio ad altre banche. Per capire l’origine di questa crisi finanziaria, quanto sia circoscritta, e le ragioni dell’azione dell’Amministrazione Biden, il corrispondente RSI a Washington Massimiliano Herber ha interpellato per il TG Jon Hilsenrath, giornalista al Wall Street Journal per cui ha coperto le principali crisi finanziarie ed economiche degli ultimi 25 anni venendo premiato anche con il Premio Pulitzer.

Jon Hilsenrath

Jon Hilsenrath

Come spiegare che la crisi sia partita dalla California, l’economia più forte degli USA?

"Il fallimento avvenuto in California spiega quel sta accadendo nel Paese a causa dei molti soldi immessi nell’economia dal Governo durante il Covid… Questo denaro è finito nel settore tecnologico, è finito alla Silicon Valley Bank e quanto accaduto indica qual è il settore americano oggi maggiormente in crisi, quello tecnologico."

Ci saranno nuove conseguenze per le Big Tech e le start-up che hanno reso famosa la Silicon Valley?

"Sì, penso che certamente ci saranno delle ripercussioni per il settore tecnologico. Abbiamo già assistito a un rallentamento, con il licenziamento di molte grandi aziende tecnologiche. Ora ci sarà meno denaro dal Private equity e dal Venture capital (n.d.r.: che solitamente investe nelle start-up) e dunque temo vi saranno conseguenze anche a lungo termine."

Si è puntato il dito contro l’aggressiva politica di aumento dei tassi d’interesse della Fed, la colpa di questa crisi è della Banca Centrale?

"Eviterei di usare il termine colpa, ma è certamente il risultato della politica della Fed che durante la Covid-19 ha spinto i tassi di interesse molto bassi e poi ha lanciato programmi di investimento che hanno stimolato eccessivamente l’economia."

Ma quanto sta accadendo mette in luce un sistema bancario poco sano?

"Si tratta di una situazione molto diversa da quella della crisi del 2008, quando molte banche avevano in pancia mutui inesigibili, il cosiddetto rischio di credito. La gente non riusciva a pagare i mutui. (…) Sappiamo che quando la Fed alza molto i tassi d'interesse può provocare una 'disruption', una spaccatura dell'attività finanziaria. E questa è la prima perturbazione finanziaria di questo ciclo."

Politici e analisti si sono affrettati a dire che non è come la crisi del 2008, ma oggi nei mercati – specie in Europa – c’è stato il panico…

“Nel 2008 vi fu una crisi dei mutui, la gente non riusciva a pagare le ipoteche e il valore delle case crollava. Questa volta la causa è l’aumento dei tassi di interesse. Ma ogni crisi finanziaria ha ingredienti umani in comune: l’avidità, la paura, la propensione al panico… e come nel 2008 la gente è …in panico."

Il presidente Biden di buon mattino ha assicurato che il sistema bancario statunitense rimane sano…

"Il presidente deve dire che il sistema bancario è sicuro e protetto, deve inviare un messaggio che il governo federale è vigile, perché vuole fermare il panico. Ma il fatto è che la Silicon Valley Bank non era così sicura."

Questa volta Banca centrale e Tesoro hanno agito velocemente, hanno imparato la lezione dall’ultima crisi finanziaria?

"Direi proprio di sì. E una delle lezioni è che non si può restare inermi quando la gente è nel panico. Per questo hanno adottato misure aggressive già nel weekend, come garantire i depositi oltre i limiti assicurati a livello federale (n.d.r.: fino a 250'000 dollari) , per arginare ancora una volta il panico ed evitare la corsa disperata agli sportelli."

Sta di fatto che anche questa volta a garanzia dei depositi dei risparmiatori è stato necessario immettere denaro pubblico. Come 15 anni fa.

"Nel 2008 vi fu un contraccolpo popolare quando il Governo aiutò direttamente le banche per evitare fallissero, mentre le persone erano in difficoltà, per la disoccupazione e l’insolvenza dei mutui. Ora si cerca di cambiare la narrazione chiudendo una banca e dicendo ai risparmiatori che il loro denaro è al sicuro."

Quali le differenze rispetto al passato?

"La domanda che tutti si pongono sempre in questi casi è 'chi paga?' e l’Amministrazione sta cercando di indicare che la responsabilità è tutta dei manager della Silicon Valley Bank, dicendo saranno i dirigenti a pagare per la perdita di lavoro e denaro."

Si può affermare che la bufera sia passata o vi sono ulteriori segnali di preoccupazione?

"Mah… quanto accaduto è un segnale che l’aumento dei tassi di interesse della Federal Reserve ha raggiunto il punto in cui rischia di danneggiare il sistema finanziario. La Fed si trova quindi a dover rispondere alla difficile domanda su quanto ancora può fare. Ed è un grosso problema perché il suo compito di combattere l'inflazione non è finito. E poi c’è la questione del panico… Quanto si diffonderà ancora? E coinvolgerà altri istituti bancari? Senza dimenticare le implicazioni politiche… Cosa farà l’Amministrazione se questa crisi finanziaria trascinerà l’economia?"

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