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La fine della stampa locale

Negli USA, la pandemia ha accelerato le chiusure dei giornali locali e fondi speculativi condizionano la sopravvivenza di numerosi quotidiani

  • 5 dicembre 2021, 21:02
  • 30 giugno 2023, 14:00

USA, la stampa locale sta scomparendo

Telegiornale 05.12.2021, 20:00

Di: Massimiliano Herber

L’ultimo, a fine novembre, è stato il Kokomo Perspective, settimanale della Contea di Howard, in Indiana. Il mese prima era toccato al McGregor Mirror, quotidiano del Texas centrale, annunciare la chiusura delle rotative dopo 117 anni di attività.

Danny Hayes insegna scienze politiche alla George Washington University, ha appena pubblicato una ricerca sulla scomparsa della stampa locale negli Stati Uniti (“News Hole”) e ricorda quando anche lui era un giovane aspirante cronista: “Erano i primi Anni Duemila in un piccolo giornale dell’ovest del Texas, dovevamo coprire un’area grande come l’Illinois (n.d.r.: tre volte e mezzo la Svizzera) ed eravamo dieci reporter. L’altro giorno ho visto che il giornale c’è ancora, ma sono rimasti tre giornalisti a coprire la stessa area…”.

Danny Hayes, GW University

Danny Hayes, GW University

  • RSI

La sparizione dei fogli locali è un fenomeno ormai costante e sotto gli occhi di tutti. Negli ultimi diciassette anni sono state chiuse oltre 1'800 testate. La pandemia non ha fatto altro che accelerare il processo. Le ragioni sono identiche ovunque: costi, abitudini, cambiamenti tecnologici, calo della pubblicità.

Calo giornali USA

Calo giornali USA

Sono lontani i tempi in cui – era il 1973 – 63 milioni di persone leggevano un quotidiano, oggi sono poco più di un terzo. Il cittadino lettore è spesso inconsapevole: si illude di trovare alternative gratuite online o sui social media. Ma l’esito della scomparsa della stampa locale, secondo Hayes, è allarmante, anche per la democrazia: “La gente sa meno di quello che succede nelle loro comunità rispetto al passato. Non sanno chi sono gli eletti. Non sanno quello che fanno i loro governi locali e, di conseguenza, sono meno propensi a partecipare alle elezioni e alla politica locale. E i politici hanno meno controlli e più margine di manovra”.

Diffusione giornali negli USA

Diffusione giornali negli USA

Il ruolo della stampa locale è tornato in auge per una vicenda rivelata da un’inchiesta di The Atlantic, un fondo di investimenti ha recentemente rilevato il principale quotidiano di Chicago, il Chicago Tribune, riducendo e trasferendo la redazione e vendendo lo storico edificio che ospitava il giornale a downtown. Ho conosciuto alcuni redattori del Tribune e mi hanno raccontato lo sgomento e la frustrazione per la svolta di quello che era “il foglio di Abrahm Lincoln”: “Ricordo il giorno dell’annuncio della vendita – mi ha detto Charlie Johnson, ormai ex redattore delle pagine metropolitane – ci fu come un sussulto in redazione, i volti dei miei colleghi impallidirono... Non ce la stavamo passando bene, ma sopravvivevamo, eravamo pronti a tutto e poi… E poi ecco succedere lo scenario peggiore che potevamo immaginare”.

La società finanziaria che ha acquistato il Chicago Tribune è proprietario di altri duecento giornali negli Stati Uniti. Ha recentemente ripreso il Daily News di New York ed ha appena fatto un’offerta – per ora non accolta - per rilevare un gruppo mediatico della Louisiana, Les Enterprises, proprietaria di 90 giornali tra l’Arizona, il Missouri e lo Stato di New York. La metà delle testate americane appartiene a fondi speculativi. “Sono aziende che pensano a ricavare più denaro possibile dall'operazione e poi andarsene, - ammette il professor Hayes - lasciando il business come un guscio vuoto”. Infatti, l’immagine che usa Charlie Johnson per descrivere il nuovo proprietario del Chicago Tribune è proprio quella di “fondo avvoltoio”, “anche se – precisa – è un termine un po’ improprio, l’avvoltoio si ciba di carogne, mentre il comportamento di questo hedge fund è quello di uno spietato predatore”.

Hollywood non smette di darci un’immagine romanzata del giornalismo americano raccontando di inchieste e scoop in redazioni tanto piccole e fumose quanto coraggiose. Ma anche da questa parte dell’oceano, il mondo mediatico non se la passa bene. “Nel disinteresse generale – ammette Danny Hayes – non vi è più un impegno del giornalismo locale come essenziale per il funzionamento della democrazia”. Anche questa in fondo pare una trama di un film, ma non c’è nessun Humphrey Bogart a ribellarsi, a rassicurarci che in fondo: “È la stampa bellezza, e non possiamo farci nulla”.

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