L’immagine del portiere d’albergo che chiama un taxi con il fischietto potrebbe diventare un ricordo. Oggi ci sono le “app” che assolvono a questi compiti. Una di queste è la californiana Uber, già presente in 36 paesi.
Un sistema che non piace ai tassisti europei, che mercoledì a Berlino, Parigi, Milano, Madrid e Londra hanno indetto una protesta.
Nella capitale inglese manifestano 12’000 cabbies, gli autisti dei famosi taxi neri, irritati dal fatto che la Transport for London abbia concesso l’autorizzazione a Uber a poter operare: di fatto, sottolineano i tassisti ufficiali, si tratta di concorrenza sleale.
Chi offre i suoi servizi tramite Uber, e sono in 3'000 nella capitale britannica, non ha né una licenza né particolari qualifiche, quindi può permettersi di far pagare meno. Chi guida un cab invece deve avere la licenza, per l’ottenimento della quale si spendono soldi e si devono superare esami durissimi.
Paura della concorrenza? “No” dice Steve McNamara, presidente dell’associazione tassisti londinesi: “le diverse offerte vanno bene, ma tutti dobbiamo lavorare con le stesse regole”.
Marzio Minoli