“È stato un massiccio attacco di droni russi”. Anastasia Popatenko cammina tra i negozi distrutti e le carcasse delle auto bruciate in una zona semicentrale della città di Zaporizhzhia. È corrispondente della Televisione pubblica Suspilne, e dalle prime ore del mattino sta documentando l’ennesimo bombardamento insieme al videografo Maksym Savchuk. Anche diversi palazzi residenziali sono rimasti danneggiati.
Tra una diretta televisiva, un messaggio sul canale Telegram, e un servizio pubblicato su Youtube la giornalista e il suo collega cercano di raggiungere tutte le fasce della popolazione. Gran parte del loro lavoro ormai è fatto di immagini di distruzione, di colloqui con persone sfollate, di visite ai militari al fronte. E, come in questo caso, di testimonianze raccolte porta a porta, per documentare l’accaduto.
“La stragrande maggioranza dei nostri contenuti, circa l’ottanta per cento, riguarda la guerra”, afferma Alona Natalukha, caporedattrice della sede di Zaporizhzhia della televisione Suspilne. Da oltre tre anni e mezzo coordina circa cinquanta persone, tra tecnici e giornalisti. Il lavoro in redazione è rodato: “Non c’è mai bisogno di dire nulla o di svegliare nessuno, di notte tutti sentono i bombardamenti e scrivono già nella chat che stanno uscendo a fare foto o scrivendo la notizia”. Natalukha spiega di essere come un algoritmo, di sapere esattamente cosa fare dopo un attacco. Da un certo punto di vista è diventata una routine, “una routine alla quale, però, è impossibile abituarsi.”
Ucraina, la guerra dei giornalisti
Fotografie di Massimo Piccoli