La sentenza con cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accolto il ricorso di una famiglia vittima dell’amianto, sconfessando la giustizia svizzera, potrebbe aprire la strada a un’ondata di nuove richieste di indennizzo. È quanto ritiene Martin Hablützel, avvocato che ha rappresentato vittime della sostanza cancerogena in processi elvetici.
La corte di Strasburgo afferma che la prescrizione prevista dalla legge in Svizzera non possa valere per i casi riguardanti l’amianto, poiché un’eventuale malattia potrebbe presentarsi anche quarant’anni dopo l’esposizione e il contatto con la sostanza.
La decisione aiuterà quindi le vittime del materiale cancerogeno che potranno ora esigere, quale risarcimento o compensazione, il denaro che la giustizia elvetica ha finora rifiutato di concedere. Vecchi casi torneranno d'attualità, ritiene l'avvocato Hablützel in una intervista al portale informativo online svizzerotedesco Watson, e i tribunali elvetici dovranno chiedersi cosa sapevano o avrebbero dovuto sapere nel corso degli anni 1970-1980 i responsabili dell'industria dell'amianto e la Suva.
La sentenza della Corte europea non è però ancora esecutiva e l’Ufficio federale della giustizia ha tre mesi di tempo per decidere se ricorrere alla Grande Camera della corte stessa.
ATS/sf