Andrea Pagani non ha ravvisato alcuna pecca nel lavoro della procuratrice pubblica Pamela Pedretti nel quadro della vicenda che ha visto coinvolto don Azzolino Chiappini. Vicenda iniziata a fine novembre con l'arresto del prelato sulla scorta di gravi accuse, e conclusasi mercoledì scorso con un decreto d'abbandono.
È la posizione espressa dal procuratore generale del canton Ticino, nel corso del suo intervento nell'emissione radiofonica di Rete Uno incentrata sul caso. "Non ci sono imputati di serie A e di serie B. Gli imputati vengono tutti trattati allo stesso modo, nel momento in cui vi è la necessità di procedere ad un arresto", ha dichiarato Pagani, aggiungendo che il compito demandato alla procura consiste nel "ricostruire i fatti che non conosciamo al momento della ricezione della notizia di reato", al fine di raggiungere quella che il Codice di procedura penale definisce come la verità materiale. "E come si fa? Bisogna raggiungerla attraverso la raccolta delle prove", ha aggiunto.
Millevoci: Dal carcere al decreto d’abbandono: don Azzolino Chiappini racconta la sua vicenda
"Sono stati momenti difficili e pesanti", aveva sottolineato Chiappini nella sua intervista rilasciata al collega Roberto Antonini. Sul religioso, poi totalmente scagionato, gravavano sospetti gravi fra i quali, in particolare, quello di un sequestro di persona. Ma il suo arresto, ricordiamo, non venne poi convalidato dal giudice dei provvedimenti coercitivi.
"Se io dovessi vedere un procuratore che allegramente arresta le persone, interverrei di sicuro", ha osservato Andrea Pagani, aggiungendo che domande di carcerazione preventiva vengono "nella stragrande maggioranza dei casi" accolte dal giudice dei provvedimenti coercitivi. Di conseguenza "parlare di procuratori che agiscono allegramente è assolutamente fuori luogo", ha concluso il procuratore generale.
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