I due concorsi delle Giornate cinematografiche di Soletta hanno riempito parecchi degli slot del weekend, con affluenza di pubblico a colpo d'occhio molto soddisfacente per gli organizzatori.
Tra i nove titoli in corsa per il Prix de Soleure uno in particolare sembra aver fatto centro ed è l'impressionante lavoro di ricostruzione (emotiva e filmica) Das Leben drehen, lavoro di diploma della quarantatreenne Eva Vitija.
A contatto con il cinema la Vitija può ben dire di esserci stata da sempre, perché suo papà Joseph "Joschy" Scheidegger - attore, regista, ma soprattutto documentatore compulsivo della vita di famiglia - l'ha tenuta davanti all'occhio della macchina da presa fin dalla nascita. Non solo lei, per la verità: la mania ossessiva dell'uomo di filmare tutto in ogni momento coinvolgeva (loro malgrado) anche la moglie e l'altro figlio, il fratello maggiore della regista.
Alla morte di Scheidegger, tutto il materiale archiviato è finito nelle mani della regista, a mo' di lascito testamentario. Ed è iniziato un lunghissimo lavoro non solo di ricostruzione e selezione, che da solo sarebbe stato banale e simile a tante cose già viste, bensì di metabolizzazione e superamento dell'esperienza di vita, totalizzante e a tratti drammatica, che aveva ridotto i famigliari a personaggi per il Truman Show privato di un uomo.
- Con Michael Beltrami parliamo di Das Leben Drehen (Rete Due 24.1.2016)
La documentaristica incentrata sulla rimasticazione della sovrabbondante memoria audiovisiva privata delle persone comuni è diventata una sorta di genere cinematografico a sé stante, però non sempre riesce a farsi universale. La Vitija ha il merito di non negare nemmeno per un momento che si tratti di fatti suoi e ha contemporaneamente la forza narrativo/registica di rendere quei fatti suoi anche fatti nostri. Super!
MZ