Per alcuni è il sintomo di una certa inflazione, per altri invece il segno di una ricchezza che merita di essere tutelata. Seppur affollata - conta infatti 678 elementi distribuiti in 140 Paesi - la lista del Patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO continua in ogni caso a essere un approdo molto ambito. La Svizzera è presente con sei tradizioni tutte elvetiche (tra cui le Processioni della Settimana Santa di Mendrisio, il Carnevale di Basilea e la gestione del rischio di valanghe), e altre tre transnazionali (tra queste la costruzione dei muri a secco). Tre sono invece le candidature in attesa di una risposta: il design grafico e tipografico, lo jodel e, in cordata con altri Paesi, la navigazione a vele latine.
Per quest’ultima sarà buon vento? “Sono ottimista”, ha dichiarato lunedì a Keystone-ATS uno dei promotori, Roland Grunder, presidente dell’Association des Voiles Latines Lacustres. Le chanche sono accresciute dal fatto che la candidatura ha il sostegno di sei Paesi (con la Svizzera, ci sono Croazia, Francia, Grecia, Spagna e Italia).
Tipiche nelle imbarcazioni del Mediterraneo, queste vele dalla caratteristica forma triangolare erano diffusissime anche sul Lago Lemano fino alla Belle Époque (che termina con l’inizio del primo conflitto mondiale). Poi il declino. La vela latina “è quasi scomparsa del tutto”, ha detto Grunder. Oggi rimangono solo due barche originali, “La Vaudoise” a Losanna e “La Neptune” a Ginevra. A queste si aggiungono alcune repliche di imbarcazioni del passato e vecchie piccole barche di pescatori, per un totale di circa una quindicina di scafi ancora in acqua sul Lemano.
Nonostante l’ottimismo e la capacità di navigazione controvento che offre, la vela latina dovrà avere pazienza. La risposta dell’UNESCO, inizialmente prevista per fine 2026, è stata posticipata all’inizio del 2027.
Trenta nuovi siti in corsa per l’UNESCO
S’allungherà invece a brevissimo il numero dei nuovi siti UNESCO, che conta attualmente 1’223 patrimoni mondiali dell’umanità in 168 Paesi, di cui 952 culturali, 231 naturali e 40 misti. A Parigi è attualmente riunita, dal 6 al 16 luglio, la 47esima sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale. Le candidature stavolta sono trenta (nel 2024 a New Delhi ne vennero promosse 24). Il primato dell’Italia, che vanta 60 siti, è insidiato da vicino dalla Cina che ne conta 59. La Svizzera non avrà beni culturali o naturali in corsa. L’ultima promozione risale al 2021 con, anche questo un bene transnazionale, le Faggete vetuste e primordiali dei Carpazi e di altre regioni d’Europa. I siti elvetici UNESCO rimarranno dunque 13, di cui 9 culturali e 4 naturali. Il canton Ticino è ben rappresentato con la Fortezza di Bellinzona, ossia i tre castelli, la murata e la cinta muraria del borgo, la cui registrazione risale al 2000, il Monte San Giorgio con i suoi fossili (2003) e, infine, le faggete valmaggesi delle Valli di Lodano, Busai e Soladino.
Grotte preistoriche, antichi centri di repressione, foreste ed ecosistemi marini, ecco alcuni tra i trenta siti che puntano ad entrare a Parigi nel Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Una lista sempre più minacciata dai cambiamenti climatici e dai conflitti, secondo la direttrice generale Audrey Azoulay.
Questa sessione “deve più che mai mantenere la sua promessa, quella di un multilateralismo concreto e determinato, in cui la cultura svolga un ruolo importante nel rispondere alle sfide di oggi, siano esse il cambiamento climatico o le cicatrici della guerra”, ha dichiarato all’apertura dei lavori Azoulay, che dal 2017 guida l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO).
Tra le candidature esaminate quest’anno, due provengono da Paesi africani finora assenti dalla lista: la Riserva della biosfera dell’arcipelago di Bijagos (Guinea-Bissau) e le foreste di Gola Tiwai (Sierra Leone), rifugio di specie minacciate come gli elefanti della foresta. Si tratta di un ulteriore segnale che il continente africano per l’UNESCO è diventato negli ultimi anni una priorità.
Molti dei siti proposti sono legati alla preistoria, come gli allineamenti di Carnac in Bretagna (Francia occidentale), tra i complessi megalitici più estesi al mondo o le incisioni rupestri (petroglifi) sul fiume Bangucheon, in Corea del Sud.

Uno dei molteplici allineamenti di menhir a Carnac, in Bretagna
L’equilibrio tra popolarità e “overtourism”
Inoltre, circa 250 siti già iscritti saranno oggetto di una revisione successiva, che fornirà una “radiografia del patrimonio in tutto il mondo, ma anche delle sfide che devono affrontare”, ha dichiarato ancora Azoulay. Le minacce climatiche si stanno moltiplicando e “quasi tre quarti dei siti del Patrimonio mondiale stanno già affrontando gravi rischi idrici, carenze d’acqua o inondazioni”, ha avvertito la direttrice dell’UNESCO, riferendosi anche alla pressione legata all’”overtourism, che viene denunciato sempre più spesso in tutto il mondo”.
I timori legati a un turismo di massa sono sorti proprio attorno ai megaliti di Carnac, destinazione che attualmente attira circa 300’000 visitatori all’anno. L’apparente schizofrenia tra la protezione dei monumenti promossa dall’UNESCO e i rischi di un afflusso maggiorato è però negata dal sindaco e amministratore del sito, Olivier Agogué: “È un ritornello di chi non conoscendo i dossier afferma che l’inserimento nella lista dell’UNESCO comporta un 30% di visite in più. Ma questo vale per i siti poco conosciuti, che vengono messi sotto i riflettori. Per quelli già conosciuti l’aumento varia dal 2% al 5%”.
Tra le destinazioni, già oggi molto popolari, che puntano a questo ulteriore attestato, ci sono i fiabeschi castelli di Ludwig II, re di Baviera: Neuschwanstein, Linderhof, Schachen e Herrenchiemsee. Qui l’eclettismo pesa di più dell’età dei palazzi che vennero costruiti tra il 1868 e il 1886.

Il castello di Neuschwanstein
L’Italia punta invece sulle domus de janas in Sardegna, tombe preistoriche tra Neolitico ed età del bronzo; la Grecia sui palazzi minoici a Creta.
La guerra minaccia il 40% dei siti a rischio
Dei 56 siti attualmente iscritti nella lista del Patrimonio mondiale in pericolo, “la metà lo è per conseguenza diretta dei conflitti”, ha precisato la direttrice dell’UNESCO, riferendosi al Medio Oriente, che rappresenta oltre il 40% dei siti in pericolo.
L’UNESCO riprenderà le sue attività in Siria, in particolare per salvaguardare il Museo nazionale di Damasco e i monumenti della città nord-occidentale di Aleppo.
L’organizzazione sta inoltre “monitorando attivamente i danni causati ai siti culturali di Gaza dall’ottobre 2023”, utilizzando immagini satellitari, e spera di intervenire nel territorio palestinese assediato da 21 mesi da Israele, “non appena - ha detto Azoulay - la situazione lo permetterà”.