In Trentino l’espressione “raccontare la storia dell’orso” ha un significato ben preciso: si usa per definire una storia mirabolante, poco credibile, condita di particolari inverosimili. Un modo di dire che descrive bene il rapporto tra l’uomo e questo animale mitico, contraddistinto da paura, rispetto, ammirazione. Dal 1999 proprio in Trentino è in corso un’esperienza unica in Europa e nel mondo, che va sotto il nome di Life Ursus. Un progetto di reinserimento dell’orso che ha fatto sì che oggi tra i boschi di questa piccola provincia italiana stretta tra Sudtirolo e Veneto scorazzino circa cinquanta orsi, tutti nati dai 10 plantigradi originari portati qui dalla Slovenia. Ma dopo l’iniziale entusiasmo che ha accolto il progetto, ora i suoi promotori devono fare i conti con una malcelata ostilità anche in Trentino, mentre i plantigradi che espatriano in Svizzera, in Germania e in Austria fanno una brutta fine. Mattia Pelli ha seguito i responsabili del progetto orsi del servizio Flora e fauna della provincia autonoma di Trento in una giornata di ricerca sulle tracce di M2, animale piuttosto problematico, sulle pendici delle Dolomiti. L’occasione ideale per fare il punto sul progetto e sfatare un po’ di miti sui plantigradi. Con un finale drammatico. Per l’orso, ovviamente.
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