Nel 2023 il Comitato internazionale della Croce Rossa deve fronteggiare la peggior crisi finanziaria dalla sua creazione nel 1863. Al quartier generale di Ginevra i vertici non usano mezzi termini: bisogna risparmiare fino a 440 milioni di franchi su un budget di 2,8 miliardi. Il calcolo è presto fatto: sarebbe quasi il 16% del budget per quest’anno. Come e dove ancora non si sa.
Alcuni "perché" invece ci sono. L’inflazione, la guerra in Ucraina, gli strascichi della pandemia, gli Stati - che garantiscono il 90% del budget del CICR - che hanno ridotto i loro contributi, il disinteresse per le guerre che non fanno le prime pagine dei giornali, i paesi più ricchi che si ricentrano su loro stessi per garantire la coesione sociale in casa loro.
Tutto logico, tutto spiegabile? Non per il comitato del personale del CICR, che ha chiesto formalmente spiegazioni alla direzione. E in attesa, il suddetto comitato non parla con i media. Ma nella lettera aperta firmata da 2'400 dipendenti su 23'000 si fa notare che il budget dell’istituzione è raddoppiato negli ultimi 10 anni. E forse non solo a causa delle crisi e delle guerre.
Noi tentiamo di parlarne a Modem con:
MAURO ARRIGONI, membro di comitato del CICR
ANDREA BIANCHI, professore di diritto internazionale HEI / Graduate Institute Ginevra
STEPHANE BUSSARD, giornalista di Le Temps
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