Nella nostra vita quotidiana dobbiamo fare sempre più i conti con il mondo digitale. I telefonini sono ormai quasi indispensabili per orientarci, acquistare biglietti, comunicare con lo Stato. L'informatica ci permette di accedere a molti servizi. Ma davvero di fronte a lei siamo tutti uguali? Isabelle Collet, docente all'Università di Ginevra, studia da vent'anni la discriminazione di genere nel mondo digitale. Un aspetto poco conosciuto del progresso tecnologico.
Un esempio concreto: la prossima conferenza della professoressa Collet è intitolata: “Siri, perché hai una voce di donna?”. "È un esempio che traduce la debolezza della presenza femminile tra gli sviluppatori informatici: l'85-90 percento sono uomini. E quando hanno elaborato Siri, avevano voglia di sentire la voce di una ragazza", precisa Collet. Del resto è significativo che i primi paesi in cui è stata poi introdotta la voce di uomo sono stati la Francia, la Gran Bretagna e i paesi arabi, con l’argomento che erano già abituati a una servitù maschile.
Si è parlato molto anche del riconoscimento facciale, come di un sistema niente affatto neutro, bensì discriminante. "In questo caso c'è una doppia discriminazione verso le donne, ma anche verso le minoranze etniche. Per una donna nera il riconoscimento facciale funziona il 34% meno bene che per un uomo bianco. C'è quindi un margine di errore molto più alto", spiega Collet.
Le altre domande e spiegazioni nel servizio del Radiogiornale.