Arte

Fragile, creativo e disarmante

A dieci anni dalla scomparsa, un ricordo del giovane artista ticinese Giona Bernardi, della sua esistenza e della sua creatività tormentata

  • 10 giugno, 10:00
  • 10 giugno, 10:06
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Di: Zeno Gabaglio 

«Il Ticino è piccolo, ci si conosce tutti»: questo ritornello accompagna da sempre chi qui è nato e chi qui ha poi deciso di vivere. Un refrain che – soprattutto in quell’età in cui il conoscere nuove persone è un’esigenza primaria – appare come una vera e propria condanna. A maggior ragione se il tuo interesse e le tue passioni sono legate alle dinamiche artistiche, culturali, ideali.

Personalmente ho però vissuto almeno due casi, peraltro collegati, che mi hanno portato a credere il contrario, cioè che il Ticino può anche non essere così piccolo.

Mi ci sono infatti voluti trent’anni prima di incontrare, all’aeroporto di Giacarta, il poeta locarnese Vanni Bianconi e trentaquattro anni prima che Vanni mi presentasse il mio nuovo vicino di casa a Vacallo, l’artista Giona Bernardi.

Ovvio, né io né loro siamo sempre e solo stati in Ticino, e questo può non aver favorito l’immediato incontro reciproco. Ma conoscere solo in un’età matura dei coetanei del mio Cantone dalle personalità artistiche così sviluppate, dialettiche e affascinanti in qualche modo mi aveva sorpreso.

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Il videoclip, mai fintito, per Niton (2015)

RSI New Articles 10.06.2025, 10:00

Complici i pochi metri che separavano le nostre case, negli ultimi due anni della sua vita ho passato diverso tempo con Giona Bernardi: a parlare, a condividere momenti conviviali, a seguire assieme spettacoli o concerti, a realizzare dei progetti in comune – come l’happening di live painting con Ravi Tironi, per l’inaugurazione della mostra di Giacomo Spazio allo spazio culturale Humus Dance di Mendrisio – e a pianificarne di altri che non hanno mai potuto essere realizzati.

Giona era disarmante nel presentarsi immediatamente e senza filtri, con il suo acume e la sua capacità di leggere il mondo, ma anche con tutte le fragilità che di quello stesso mondo lo potevano far ritenere una vittima. Due lati – opposti e in lotta – di una stessa medaglia umana che era prima di tutto segnata dall’ipersensibilità.

Un dato tecnico che è indizio di quell’ipersensibilità – ovvero del derivare una sovrabbondante quantità di informazioni e sensazioni nel contatto con il reale – è la minuziosità dei lavori di Giona, la precisione dei loro infinitesimali particolari così come la giustapposizione ritmica e veloce di innumerevoli scene.

Negli ultimi mesi di vita, Giona aveva cominciato a lavorare a un video per un brano del gruppo Niton, che avevo da poco costituito assieme agli amici-colleghi Enrico Mangione e Luca Martegani. Le prime bozze ricevute da Giona restituivano un ritmo e una varietà visivi estremamente più frenetici di quelli, tutti musicali, contenuti nel pezzo che gli avevamo dato come traccia-guida. Ne risultava un meraviglioso effetto psichedelico ed estraniante che ci aveva spinti a rielaborare e arricchire il brano seguendo l’energia suggerita, evocata e pretesa da Giona.

Tutto si è però fermato ad appena 50” dall’inizio, il 10 giugno 2015, e quella bozza di videoclip rimane lì, intatta, a testimoniare il tormento di un’esistenza creatrice, vitale e sconcertante.

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Giona e la balena (Cult tv, 2014)

RSI Cultura 10.06.2025, 10:00

  • Kevin Merz

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