Storia

L’estate segreta di Einstein in Leventina

Quando il futuro della fisica passò dal Ticino

  • Oggi, 12:00
  • Oggi, 12:28
Episodio 6, stagione 4
Di: Jonas Marti 

Quando pensiamo ad Albert Einstein, il pensiero corre a Berna, alla teoria della relatività scritta tra tram e orologi; a Princeton, dove morì circondato da fogli e formule; o a Zurigo, dove studiò. Ma Airolo? Chi immaginerebbe che il più grande genio del Novecento abbia vissuto un momento decisivo della sua vita a 1 200 metri d’altitudine, nel cuore delle Alpi ticinesi?

Nel 1895 Albert Einstein ha 16 anni

Nel 1895 Albert Einstein ha 16 anni

La metamorfosi alpina

La storia è tramandata nelle lettere private di Maja, la sorella minore di Albert. Nell’estate del 1895 la famiglia Einstein, ormai trasferita in Italia, cercava scampo dalla canicola della pianura padana. Qualcuno suggerì Airolo: un villaggio che, dopo il terribile incendio del 1877, era rinato con la ferrovia del Gottardo inaugurata nel 1882 e con l’arrivo dell’illuminazione elettrica nel 1890. Mentre le autorità introducevano un nuovo limite di velocità per i cavalli nel nucleo, gli alberghi Motta, Lombardi e de la Poste si riempivano di villeggianti, ingegneri, famiglie borghesi. Ai tavolini si incrociavano zurighesi, milanesi, piemontesi e si parlava italiano, tedesco e francese: una piccola Europa appoggiata sulle montagne.

Airolo dopo l’incendio del 1877 e dopo la ricostruzione in una cartolina di inizio Novecento

Airolo dopo l’incendio del 1877 e dopo la ricostruzione in una cartolina di inizio Novecento

Ed è proprio ad Airolo che accadde qualcosa di sorprendente. Lo zio Jakob Koch, fratello della madre Pauline, lo capì al volo: Albert di colpo, in pochi giorni, era cambiato. Il ragazzo taciturno, introverso e quasi ombroso che la famiglia aveva conosciuto fino ad allora sembrava sparito. Al suo posto c’era ora un sedicenne diverso: più loquace, più leggero, persino allegro. Cosa aveva provocato quella svolta? Forse l’aria sottile delle montagne. Forse le lunghe passeggiate leventinesi. O forse la semplice stabilità ritrovata dopo anni turbolenti per la famiglia.

Pochi mesi dopo, il giovane Einstein scriverà al celebre ingegnere Galileo Ferraris per cercare contatti con il Politecnico di Zurigo, e da lì partirà il viaggio che lo porterà a ribaltare il nostro modo di vedere l’universo.

Un incontro improbabile

Ma c’è un altro dettaglio curioso. Ad Airolo, in quella piccola stazione frequentata da vacanzieri, Einstein incontrò anche Luigi Luzzatti. Economista italiano, politico, deputato, futuro ministro e Presidente del Consiglio del Regno d’Italia. È sempre la sorella Maja a raccontarlo nei suoi ricordi, ma la storia è rimasta nell’ombra. Provate a immaginare la scena: il futuro genio della fisica e il futuro capo di governo che conversano durante le vacanze estive. Due destini che si incrociano per caso, in un luogo fuori dal mondo.

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Einstein ad Airolo

RSI Cultura 24.11.2025, 20:40

  • La storia infinita

Come gli Einstein arrivarono in Italia

Per capire come Einstein finì ad Airolo, bisogna fare un passo indietro. Erano gli anni dell’esplosione dell’elettricità in Europa. Dopo la prima Esposizione internazionale di Parigi nel 1881, le città gareggiavano per dotarsi di illuminazione pubblica e privata. Era una corsa all’oro tecnologica.

A Monaco, Hermann Einstein – il padre di Albert – e lo zio Jakob, avevano costituito una fabbrica di idraulica con applicazioni elettriche. Jakob, ingegnere laureato al Politecnico di Stoccarda, aveva ottenuto diversi brevetti per dinamo, lampade ad arco e strumenti di misura. Il giovane Albert era cresciuto immerso in questo mondo dell’elettrotecnica nascente, tra circuiti e dinamo, con lo zio che gli spiegava i misteri dell’elettromagnetismo.

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Gli anni giovanili di Albert Einstein

RSI Cultura 24.11.2025, 20:40

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Ma nel 1894 arrivò il colpo. La Ditta Einstein partecipò all’appalto per l’elettrificazione di Monaco, il contratto della vita, e lo perse, battuta da concorrenti troppo potenti. Fu un duro colpo economico che avrebbe cambiato tutto.

La famiglia prese allora una decisione coraggiosa: spostarsi in Italia, dove il mercato dell’elettricità era in piena espansione ma meno competitivo. Nel marzo 1894 nacquero a Pavia le “Officine Elettrotecniche Nazionali Einstein”, in associazione con l’ingegnere Lorenzo Garrone. Una grande fabbrica fu costruita sul Naviglio in pochi mesi. La famiglia si stabilì tra Pavia, Casteggio e Milano, dove sarebbe rimasta fino al 1902.

E così, quell’estate del 1895, quando il caldo della pianura divenne insopportabile, fu naturale cercare refrigerio sulle montagne più vicine: il Ticino.

I viaggi nascosti

Gli anni successivi videro Einstein attraversare innumerevoli volte il confine tra Svizzera e Italia. Le lettere che scambiò con Mileva Marić, studentessa al Politecnico di Zurigo e sua futura moglie, ne sono testimonianza preziosa. Tra l’ottobre del 1900 e la primavera del 1901, quando Albert era in Italia a trovare la famiglia, le scriveva continuamente raccontando dei suoi spostamenti.

Nel 1900 navigò sul Lago Maggiore. Il 5 maggio 1901 visitò Como. In una lettera si scusò per non averla raggiunta a Lugano, probabilmente i due volevano incontrarsi a metà strada tra Zurigo e Milano. Questi dettagli, sepolti in corrispondenze private, rivelano quanto il Ticino fosse parte integrante della vita quotidiana del giovane Einstein. Non era solo un luogo di passaggio, ma un territorio familiare, attraversato e riattraversato, che legava le sue due vite: quella italiana con la famiglia e quella svizzera degli studi.

Einstein nel 1905, seduto all’Ufficio federale dei brevetti di Berna

Einstein nel 1905, seduto all’Ufficio federale dei brevetti di Berna

Il Ticino negli anni della fama

Anche dopo essere diventato celebre, Einstein mantenne quel legame sottile ma costante con il Ticino. Nel 1914 scrisse che la moglie era all’Hotel Beau Rivage di Locarno con i bambini malati. Serviva il sole del Ticino. Subito sotto, nella stessa lettera, scarabocchiò formule matematiche: cura e scienza, famiglia e fisica, tutto mescolato come nella vita vera.

Nel 1915, in piena Prima Guerra Mondiale, espresse nelle sue lettere preoccupazione per il pericolo che correva il Ticino, circondato su tre lati dall’Italia ormai entrata in guerra. La sua sensibilità politica gli faceva comprendere la vulnerabilità di quella piccola regione di confine, stretta tra le montagne e la storia. Nel 1920 uno dei suoi figli visitò il Ticino con la scuola e nel 1925 Einstein riconobbe nelle sue lettere l’importanza del Patto di Locarno per la pace europea. E nella sua corrispondenza, compare persino la menzione ai sigari di Brissago.

Una storia da riscoprire

Oggi, ad Airolo, nessuno sa che Einstein trascorse lì un’estate fondamentale. Non c’è una targa, non c’è un museo, non c’è memoria. Eppure, in quel piccolo paese alpino, un ragazzo di sedici anni scoprì la gioia di vivere e forse, chissà, iniziò a guardare l’universo con occhi nuovi. Perché prima di essere Einstein, il genio che piegò lo spazio-tempo, c’è stato Albert: un ragazzo che trovò se stesso tra le montagne del Ticino.

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Quando la Svizzera inventò il futuro

La storia infinita 24.11.2025, 20:45

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