Quanti spunti calcistici offre la grigia Bucarest. Una moltitudine, quasi come le stanze (1’100) che compongono il mastodontico Palazzo del Parlamento, secondo edificio amministrativo più grande al mondo (dietro solo al Pentagono) e opera simbolo della megalomania di chi ha tristemente segnato la storia del Paese, il dittatore Nicolae Ceaușescu. Memorabili vicende tuttora impresse nell’immaginario collettivo, a iniziare dai fasti della Steaua nella Coppa dei Campioni 1985-86, ma anche storie di eroi locali giunte soltanto sommessamente all’Ovest del continente. Per esempio: quanti conosceranno la parabola di Dan Coe? Ben pochi, probabilmente. Eppure qui, specie per i tifosi del Rapid, guai a dimenticare il “Ministro della Difesa”, attorno al quale si cela uno dei maggiori misteri irrisolti del calcio europeo.
“Se nel 1966 fossi stato marcato da uno come Coe, il mio Portogallo non avrebbe mai raggiunto le semifinali del Mondiale”. E quando a tessere simili elogi è Sua Maestà Eusebio, con tanto di inchino e scambio di maglia (i fatti risalgono all’1-0 tra rumeni e lusitani del 12 ottobre 1969, nel quadro della campagna verso Messico 1970), beh, la portata del personaggio pare subito chiara. Basta questo, di fatto, per sublimare un’intera carriera. Carriera che il giovane Dan, figlio d’arte, sceglie presto di consacrare al bianco e all’amaranto (per l’appunto i colori del Rapid Bucarest), affermandosi come uno dei migliori centrali mai visti all’opera tra i confini nazionali: raro scovare qualcuno in cui tecnica, carisma e prestanza fisica convivessero così armoniosamente. Sarà proprio lui, da buon capitano, a guidare i compagni verso il primo, storico titolo nel massimo campionato (1967), dopo aver precedentemente festeggiato due Coppe dei Balcani (1964 e 1966). Ma in anni nei quali lasciare il Paese era tutto fuorché agevole e scontato (il perché non va specificato…), ci sarà spazio altresì per l’avventura estera: due stagioni ad Anversa, seguite dal rientro in patria e dal ritiro. Ciò per quanto concerne l’esperienza a livello di club; quella in Nazionale, invece, si sviluppa lungo il periodo 1963-1971, incrociandosi a due riprese - e sempre vittoriosamente - con il rossocrociato. Tra l’altro, indovinate chi c’era a presidiare la retroguardia locale nel primo dei quattro Romania-Svizzera (02.11.1966) andati in scena da queste parti? Esattamente, quell’autoritario 25enne.
Tratteggiato il côté sportivo, ci avviciniamo dunque alla parte cupa e drammatica del racconto. Sì, a soli 33 anni, Coe ha l’obbligo di reinventarsi. E nei piani futuri, la Romania non è più un’opzione. Soprattutto per un uomo mosso da profonda onestà intellettuale, e che - malgrado i riconoscimenti conferitigli dallo stesso presidente Ceaușescu - non ha mai smesso di proclamarsi fiero oppositore del regime comunista. Neanche da umile lavapiatti affaccendato in un ristorante rumeno della Germania Ovest, dove il nostro protagonista trova asilo come rifugiato politico. Anzi: qua, parallelamente, s’instaura una proficua collaborazione con l’emittente Radio Free Europe, veicolo adoperato per rivolgere sferzanti critiche alla dittatura di casa propria. Fino all’ottobre 1981.
Lunedì 19, giusto qualche giorno dopo l’ultima presenza in radio, la macabra scoperta: nell’appartamento di Colonia viene rinvenuto il cadavere di Dan. Causa del decesso? Immediatamente sospetta. Una corda alla gola non è sufficiente per convalidare la tesi del suicidio. D’altronde come farebbe un individuo di quasi 190cm ad impiccarsi alla maniglia di una porta? Ma tant’è, il caso finisce subito in archivio. Innalzando intorno alla figura di Dan Coe una fitta nube di interrogativi, destinati a rimanere tali finché non emergeranno il referto dell’autopsia e il possibile dossier della spietata Securitate, il servizio segreto che potrebbe aver messo a tacere una persona sgradita. Ad oggi nulla. Nel mentre, tuttavia, qui a Bucarest il ricordo vivrà per sempre grazie alla leggendaria maglietta di cui si parlava sopra, tornata a casa e custodita nelle teche del Football Museum (un must per tutti i calciofili). Così come allo stadio Rapid-Giulești, di weekend in weekend, continuerà a riecheggiare un coro trasformatosi in motivante accompagnatore da ormai oltre 40 anni: “Un grido dall’antica Troia, ahoe!/ Per la gloria di Dan Coe, ahoe!/ E ancora una volta, perché è permesso, ahoe!”.
Scambiata con Eusebio, la maglia ha fatto rientro a Bucarest
Legato a Rete Uno Sport 20.11.2023, 07h00