Arte e Spettacoli

Il latte dei sogni

Le meravigliose metamorfosi della Biennale Arte 2022

  • 19.05.2022, 09:15
  • 14.09.2023, 09:19
Marianne Vitale, Bottles and Bridges Advances in Collective Obliteration, 2021.  59th International Art Exhibition

Marianne Vitale, Bottles and Bridges Advances in Collective Obliteration, 2021. 59th International Art Exhibition

  • Courtesy La Biennale di Venezia
Di: Francesca Cogoni 

“Sarà una Biennale estremamente materiale, molto concreta, piena di installazioni, sculture. Ci sarà veramente poca arte concettuale o digitale. […] Sarà una mostra di tutto ciò che ci è mancato di più durante la pandemia”. In una recente intervista Cecilia Alemani anticipava così la 59. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia di cui è curatrice. Che la sua sarebbe stata una Biennale speciale, diversa da tutte le precedenti edizioni, lo si poteva intuire già dai tempi e i modi con cui è stata organizzata: arriva infatti dopo un’attesa di tre anni, anziché due come da tradizione, e oltretutto gran parte della fase di ricerca e preparazione è avvenuta durante l’emergenza sanitaria e i periodi di lockdown.

Barbara Kruger, Untitled (Beginning Middle End), 2022. 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

Barbara Kruger, Untitled (Beginning Middle End), 2022. 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

  • Courtesy La Biennale di Venezia

Ma questa Biennale, visitabile fino al prossimo 27 novembre, è straordinaria anche per un’altra fondamentale ragione: la predominanza di artiste donne e di persone non binarie. Una scelta coraggiosa e consapevole che vuole essere anche un “deliberato ridimensionamento della centralità del ruolo maschile nella storia dell’arte e della cultura attuali” come ha spiegato la curatrice (e viene quasi spontaneo esclamare: “Finalmente!”). Se aggiungiamo poi che dei 200 artisti e artiste in mostra ben il novanta per cento non ha mai partecipato alla kermesse veneziana prima d’ora, il risultato non può che essere un progetto espositivo ricco di sfumature e risvolti inattesi, complesso e al contempo di grande immediatezza e suggestione; un viaggio la cui natura imprevedibile e affascinante si annuncia già nel titolo: Il latte dei sogni.

A George piaceva mangiare il muro della sua stanza. “Smettila” gli diceva il padre. Ma George continuava. Suo padre andò in farmacia e comprò un flacone di pillole di muro. George le ingoiò tutte e la testa gli diventò una casa. George era contento di giocare con la sua testa-casa, il padre invece era triste, perché tutti gli dicevano: “Ma che strano bambino che ha”.

È una delle brevi storie contenute nel libro Il latte dei sogni (The Milk of Dreams), frutto dell’audace fantasia dell’artista surrealista Leonora Carrington (1917-2011), che in questa Biennale fa un po’ da musa ispiratrice e guida spirituale. Sì, perché i temi della metamorfosi corporea, della reinvenzione del sé, della mescolanza tra umano e non-umano e della relazione tra dimensione umana, vegetale e animale, cari alla Carrington e tipici di molte sue opere (come dimostra la storia sopraccitata), sono anche i leitmotiv della grande mostra curata da Cecilia Alemani.

È dunque un paesaggio denso di corpi quello offerto dalla rassegna veneziana, ma non si tratta di soggetti convenzionali, bensì di esseri ibridi e fuori dell’ordinario, emblemi della molteplicità e mutevolezza di un mondo che vuole prendere le distanze da idee e visioni obsolete e ormai insostenibili, in primis l’antropocentrismo. Così, dopo l’incontro con la monumentale elefantessa dell’artista tedesca Katharina Fritsch (Leone d’oro alla carriera), che dà idealmente il benvenuto ai visitatori nell’ottocentesca Sala Chini del Padiglione Centrale, il percorso espositivo è un susseguirsi di opere che trattano del rapporto spesso conflittuale tra uomo e natura e tra individui e tecnologie e che portano l’attenzione sui concetti di emancipazione, contaminazione e trasformazione, mirando a superare canoni e cliché.

Katharina Fritsch, Elephant, 1987. 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

Katharina Fritsch, Elephant, 1987. 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

  • Courtesy La Biennale di Venezia

La serie di dipinti della cilena Cecilia Vicuña (altro meritatissimo Leone d’oro alla carriera), per esempio, è percorsa da una vitalità formidabile; i colori e le simbologie che l’artista e attivista riporta sulla tela sono un omaggio alla cultura delle popolazioni indigene e rievocano l’arte inca del XVI secolo. Le ambigue sculture di Simone Fattal sembrano creature in via di definizione e in cerca di un’identità, potrebbero provenire dal passato così come dal futuro. Mutanti appaiono anche le sculture in cristallo di Andra Ursuţa, che strizzano l’occhio alla fantascienza. Per non parlare delle bizzarre figure ideate dall’artista nota come Ovartaci, che combinano tratti umani e animali, con qualcosa anche di extraterrestre.

Cecilia Vicuña, veduta della mostra, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

Cecilia Vicuña, veduta della mostra, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

  • OKNO studio. Courtesy La Biennale di Venezia

Il percorso espositivo continua così, sempre in bilico tra mondi e dimensioni diverse, come avviene nell’ipnotico video Sirens della fotografa americana Nan Goldin, nato come tributo alla modella e attrice afroamericana Donyale Luna, apprezzata da Fellini e Warhol; o come accade nella splendida sala tutta dedicata all’artista portoghese Paula Rego, che nei suoi quadri e sculture (grandi bambole di pezza assai disturbanti) intreccia favole ed elementi autobiografici, innocenza e violenza, con toni sovente grotteschi e satirici. Ecco che il Latte dei sogni può tramutarsi improvvisamente in un “latte degli incubi” se pensiamo non solo alla Rego, ma anche ad artiste come Miriam Cahn o Birgit Jürgenssen, entrambe abilissime nell’esprimere i lati più oscuri e feroci insiti nella natura umana.

Miriam Cahn, veduta della mostra, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

Miriam Cahn, veduta della mostra, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

  • Courtesy La Biennale di Venezia

Anche negli ampi spazi dell’Arsenale, dove prevalgono le installazioni di grandi dimensioni, il percorso prosegue tra incontri inusuali (le sculture-forno dai tratti antropomorfi dell’artista argentino Gabriel Chaile o l’imponente Brick House di Simone Leigh, posta proprio all’ingresso come un’accogliente divinità), opere dalla forte impronta onirica (come quelle di Filipe Baeza, che affronta in modo immaginifico il tema della migrazione), o colme di simbologie arcane (come le “collografie” della cubana Belkis Ayón). E ancora, lavori dalla forte matericità creati con estrema perizia manuale (l’incantevole arazzo di Violeta Parra), nonché alcuni video che coniugano magnificamente la mitologia e il folclore con tematiche ambientali e sociali (Thao Nguyen Phan, Eglė Budvytytė, Saodat Ismailova, Ali Cherri).

Simone Leigh, Brick House, 2019. 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

Simone Leigh, Brick House, 2019. 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

  • Courtesy La Biennale di Venezia

Tra le note di merito di questa Biennale felicemente atipica vi è anche la presenza, nel percorso espositivo del Padiglione Centrale e dell’Arsenale, di cinque piccole mostre dentro la mostra, concepite come delle capsule del tempo. Allestite impeccabilmente grazie alla collaborazione del duo di designer Formafantasma, queste micro-mostre tematiche a carattere storico svelano e suggeriscono echi e rimandi tra il passato e il presente, includendo opere, pratiche e idee risalenti alla prima metà del Novecento. Ed è bello farsi traghettare nel tempo da questi magici contenitori, scoprendo storie ed esperienze poco note e connessioni inaspettate con i giorni nostri. La Culla della Strega, per esempio, è una di queste capsule, ed è senza dubbio la più affascinante. Comprende le opere di una schiera di artiste e intellettuali di varia provenienza accomunate dal rifiuto della visione patriarcale ed eteronormativa del mondo, e dalla rivendicazione della frammentarietà, dell’ambiguità, e soprattutto della metamorfosi come “strumento politico, erotico e poetico”. Leonora Carrington, Josephine Baker, Claude Cahun, Maya Deren, Leonor Fini, Florence Henri, Meret Oppenheim, Carol Rama, Dorothea Tanning, Remedios Varo sono solo alcune delle straordinarie donne che animano questa culla stregata e le cui voci e creazioni riecheggiano ancora oggi, sprigionando tutta la loro carica avanguardista.

Veduta della Capsula 4, "Una foglia una zucca un guscio una rete...", 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

Veduta della Capsula 4, "Una foglia una zucca un guscio una rete...", 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia

  • Courtesy La Biennale di Venezia

Accanto alla lodevole mostra curata da Cecilia Alemani, ad arricchire la 59. Esposizione Internazionale d’Arte sono anche, naturalmente, le numerose partecipazioni nazionali. L'impressione generale che si ha nel visitare i padiglioni dei diversi paesi è forse quella di una minore spettacolarizzazione e di una prevalenza di progetti più meditati e raccolti rispetto al passato. Tra i tanti, vale sicuramente la pena citare il padiglione del Belgio, con il bellissimo lavoro di Francis Alÿs The Nature of the Game, incentrato sui giochi dei bambini da un capo all’altro del mondo, nella neve come nel deserto, o nelle zone di conflitto. Ammirevole anche il padiglione degli Stati Uniti, la cui artista, Simone Leigh, si è aggiudicata a buon diritto il Leone d’Oro per il miglior partecipante alla Mostra Internazionale Il latte dei sogni. Il suo progetto Sovereignty è un’ode alla forza e all’autodeterminazione delle donne nere. Anche il padiglione svizzero non passa inosservato: il progetto The Concert concepito da Latifa Echakhch trasforma lo spazio in un antro magico dove la musica si può vedere ma non sentire. Menzioni speciali anche alla Francia, che presenta un’installazione immersiva e coinvolgente di Zineb Sedira (Les rêves n’ont pas de titre / Dreams have no titles), e al padiglione Italia, dove l’artista Gian Maria Tosatti, mescolando superbamente arti visive, teatro e letteratura, ha creato un progetto dal carattere lirico e narrativo, intitolato evocativamente Storia della Notte e Destino delle Comete.

Biennale di Venezia 2022, fotogallery

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