Teatro

Il teatro è corpo, il corpo è poesia

Si è conclusa la 53.ma edizione della Biennale Teatro con la consegna del Leone d’argento all’attrice grigionese Ursina Lardi, premiando il valore della “infinita grazia e la dolorosa consapevolezza”

  • 16 giugno, 08:31
  • 17 giugno, 10:04
Leone Argento Ursina Lardi-ph. Andrea Avezzù, Courtesy La Biennale di Venezia_0616.jpg

Leone d'Argento a Ursina Lardi

  • Foto: Andrea Avezzù, Courtesy La Biennale di Venezia
Di: Elisabeth Sassi 

«Il teatro è corpo, il corpo è poesia» è il titolo che il suo neodirettore Willem Dafoe ha affidato all’edizione numero 53 della Biennale Teatro di Venezia, svoltasi tra il 31 maggio e il 15 giugno.
Un’edizione che ha celebrato l’arte performativa come esperienza fisica e poetica. Danza, parola, performance, tecnologia e arte visiva si sono intrecciate provando a riflettere sull’essenza del teatro contemporaneo come esperienza corporea, viva, rituale, che, attraversa i corpi e crea comunità.

Ursina Lardi ha avuto l’infinita grazia e la dolorosa consapevolezza di connotare con grande umanità ogni singola battuta, ogni sfumatura di testi, siano classici o contemporanei.

Willem Dafoe

Sabato 14 giugno, nella suggestiva cornice della Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian, la consegna del Leone d’Argento a Ursina Lardi (di viola vestita, il giorno dello sciopero femminista in Svizzera) ha segnato l’avvicinarsi al momento conclusivo della Biennale Teatro 2025. Insieme al Leone d’Oro – assegnato quest’anno a Elizabeth LeCompte all’apertura del festival – i due riconoscimenti definiscono i due poli simbolici della manifestazione. Questa diventa dunque l’occasione per volgere lo sguardo all’indietro e ripercorrere una delle molteplici linee che hanno attraversato questa edizione, offrendo una sintesi di alcune visioni, dei temi, delle esperienze che ne hanno costruito la trama.

Tra i momenti più significativi del festival c’è la Tavola rotonda intitolata Biennale ’75 - ’25: cinquant’anni di nuovo teatro, che ha riunito alcune figure storiche dell’edizione Laboratorio Internazionale del Teatro del 1975. A condurre l’incontro, l’assistente alla direzione Andrea Porcheddu, storico e critico teatrale, assistente alla direzione artistica affidata a Willem Dafoe. Tra i protagonisti che hanno preso la parola, Eugenio Barba per l’Odin Teatret; Satyamo Hernandez, Toby Marshall, Chris Torch, Annie Vasseur ed Edward Buffalo Bromberg: interpreti storici di The Legacy of Cain, la performance itinerante del Living Theatre che animò le piazze di Venezia cinquant’anni fa; un ospite di eccezione come Richard Schechner, studioso di teatro orientale e tra i principali teorici del teatro interculturale; Thomas Richards, principale erede del Workcenter fondato da Jerzy Grotowski; poi allievi di Luca Ronconi come Sandra Toffolati e Giorgio Sangati impegnati nella conduzione di un laboratorio dedicato all’eredità artistica del loro maestro; e Julia Varley, altra figura storica dell’Odin Teatret che abbiamo visto in scena con lo spettacolo Le nuvole di Amleto. Ed è proprio a partire dall’intervento di Julia Varley che vorrei provare a tracciare un filo capace di attraversare alcune questioni fondamentali: come ci relazioniamo al passato? In che modo custodiamo una memoria teatrale? Intendo farlo assumendo una prospettiva di genere, non come gesto ideologico, ma perché sembra essere la stessa direzione artistica – con l’attribuzione delle “leonesse d’oro e d’argento” – a suggerire tale chiave di lettura.
Julia Varley, nel suo contributo durante la Tavola Rotonda, riflette sul ruolo delle donne nel creare la propria storia nel teatro: «ho capito che per costruire la storia del teatro delle donne dobbiamo parlare con una lingua personale. Che cosa mi interessa delle donne in teatro? L’intuizione. Per me l’intuizione è l’intelligenza dei corpi, saper usare quella capacità che viene dal sapere incorporato, che reagisce subito e non aspetta, non pensa, non usa un sapere concettuale; una cosa dopo l’altra, ma tutto insieme». Dello stesso avviso sembrerebbe Elizabeth LeCompte parlando di Symphony of Rats, lo spettacolo che ha diretto con Kate Valk, interpretato dal Wooster Group: «ho scelto di portare in scena il testo di Richard Foreman in maniera totalmente opposta rispetto all’originale. Essendo io un’artista visuale non potevo lavorare con parole che per me erano troppo astratte, sentivo il bisogno di concretezza, per questa ragione parte del testo lo abbiamo reso in versi: del resto c’era già nel titolo la parola sinfonia».

«Nel teatro il conflitto è essenziale». Prosegue Julia Varley durante il suo discorso: «se non abbiamo conflitto, non abbiamo spettacolo, non abbiamo teatro. Ma il conflitto proposto dalle donne che fanno teatro è creativo. Non è una guerra – è l’immaginazione al potere. Nella storia di oggi possiamo vedere che molte donne cominciano ad essere riconosciute e credo che abbiamo una grande responsabilità: quella di usare il conflitto in modo creativo, di portare bellezza, energia e speranza con i nostri spettacoli oggi nel mondo. Dobbiamo parlare con meno parole, meno concetti ed esprimerci di più con il corpo». Una sintesi che abbiamo ritrovato in Giovanna D’ArPo, spettacolo di Gardi Hutter – che oltre a essere controcorrente già solo per essere una clown – ci propone una lavandaia trasognata che oltre a sognare grandi azioni eroiche si masturba con il filo sul quale stende i panni. Un gesto che oggi non ci sembra dissacrante ma che nella Svizzera degli inizi anni Ottanta (periodo in cui prende vita per la prima volta il personaggio) era probabilmente un gesto considerato trasgressivo se pensiamo, ad esempio, che le donne ottennero il diritto di voto solo qualche anno prima, nel 1971.

Proprio per essere riuscita a conciliare «radicalità ed empatia», si legge sul sito della Biennale, Ursina Lardi ha ricevuto il Leone d’Argento. Ammirevole interprete cinematografica e teatrale, l’attrice svizzera ammette che è sempre stata scettica sul valore dei premi, ma allora “che cosa cambia questa volta?”, si chiede per poi sciogliere la domanda: “forse il valore di una cosa la si coglie soltanto quando è minacciata. Alla Biennale 2025, Ursina Lardi è protagonista e collaboratrice del testo dello spettacolo Die Seherin di Milo Rau. La pièce parla di una fotografa di guerra che viaggia incessantemente per il mondo in cerca di storie estreme, come fosse una Cassandra della Società dello Spettacolo che prevede e anticipa la tragedia così da poterla immortalare; addirittura si convince (e se ne compiace) di essere lei la causa dello scoppio di alcuni conflitti. Diversamente dagli Dei però gli esseri umani sono fallibili e quando la violenza ci riguarda in prima persona non è detto che la vediamo arrivare.

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Ursina Lardi Leone d’argento alla Biennale

Alphaville 05.06.2025, 11:30

  • Keystone
  • Mario Fabio

Ursina Lardi, nata nei Grigioni e formatasi a Berlino, ha legato il suo nome alla prestigiosa Schaubühne e ha lavorato con registi di grande rilievo come Thomas Ostermeier, Romeo Castellucci, Johan Simons, Luk Perceval, Michael Haneke e, soprattutto, Milo Rau, con cui ha costruito un duraturo e profondo sodalizio artistico: Compassion. The History of a Machine Gun (2016), Lenin (2017), Everywoman (2020) e da ultimo lo spettacolo presentato alla Biennale. Nel corso della sua carriera ha inoltre attraversato con forza testi classici e creazioni originali, dal teatro al cinema, fino alla televisione, mantenendo sempre un forte impegno civile. Tra gli altri suoi ruoli più significativi troviamo personaggi come Salomè, Ljuba, Gretchen e Giulietta.

Il Leone d’Argento a Ursina Lardi celebra una carriera ricca di scelte artistiche coraggiose e di intensa umanità, palpabili durante il suo discorso di ringraziamento:

La complessità del mondo sfugge alla presa delle ideologie e l’arte è uno strumento potente per comprendere e dare forma al nostro tempo. Anche se talvolta ci sentiamo indifesi, non importa. L’arte sarà forse indifesa, ma è e resterà indistruttibile. […] Dobbiamo essere radicali, empatici. […] Senza paure, senza riserve, con forza e fragilità, con la mente lucida e il cuore in fiamme: perché questo è resistenza. 

Ursina Lardi

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La poesia del corpo lungo 50 anni di teatro

Charlot 08.06.2025, 14:35

  • Imago Images
  • Monica Bonetti

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