Il 7 luglio ha preso avvio la 56 esima edizione dei Rencontres de la Photographie di Arles, uno dei massimi appuntamenti per la fotografia internazionale, con le sue 47 esposizioni, i numerosi incontri con il pubblico e i laboratori pratici. La tradizionale settimana di apertura del festival ha attirato nella cittadina provenzale ben 23’000 fotografi e fotografe professioniste, oltre a un vasto pubblico che ha potuto scoprire il programma di questa edizione dei Rencontres, e che potrà farlo ancora fino al prossimo 3 ottobre.
Non è facile scegliere il proprio percorso all’interno delle molteplici e diverse proposte espositive dei Rencontres. Ci sono le esposizioni storiche, quelle immancabili, ma ci sono anche le giovani leve, le scoperte, i temi all’ordine del giorno, le nuove estetiche. Per Alphaville anche quest’anno è andato ad Arles Lou Lepori, che racconta nel suo reportage dalla città in Provenza, come muoversi nel vasto universo di proposte del festival di fotografia.
Io in genere faccio così scarico l’applicazione delle giornate di Arles, dove le esposizioni sono anche presentate secondo delle linee tematiche. Quest’anno ci sono vari capitoli: controcanto, storie di famiglia, riletture, geometria variabile, cronache nomadi, emergenza. La cosa bella dell’applicazione è che una volta scelta l’esposizione, ci cliccate sopra e appaiono su una cartina interattiva che vi permette di visitare praticamente le mostre secondo un percorso che è il vostro percorso personale.
Lou Lepori da Arles
L’impegno attraversa l’intero programma di questa 56.ma edizione. Dall’Australia al Brasile, passando per il Nord America e i Caraibi. In un momento in cui il mondo è scosso dal crescente nazionalismo, dall’ascesa del nichilismo e dalle crisi ambientali, le fotografie in mostra offrono un contrappunto essenziale al discorso dominante, celebrando la diversità di culture, generi e origini.
Quest’anno tra le esposizioni più intriganti c’è quella dedicata alle popolazioni delle first nations che costituiscono ormai solo il 4% della popolazione totale australiana. Popoli che comprendono più di 250 gruppi linguistici, o regioni.
Un’esplorazione geografica, ma anche culturale, che riunisce artisti indigeni e non indigeni, che testimoniano un guardare al paese, alla loro terra, negli aspetti visibili, ma anche a quelli invisibili. La mostra esplora le vecchie e nuove relazioni tra Paese e colonialismo, comunità e identità, nell’Australia di oggi. La complessa storia dell’Australia è sostenuta da 60’000 anni di continuo attaccamento dei Primi Popoli alla terra che non hanno mai ceduto con un trattato - popoli che comprendono più di 250 gruppi linguistici, o “Paesi”. Da questa esposizione è stato presa in prestito la bellissima immagine del manifesto di questa edizione dei Rencontres di Arles, che è firmata dal duo Toni Albert e David Charles Collins. Dove vediamo una figura mascherata da Capitan America su una carrozzeria sfasciata in pieno bush australiano.

Tony Albert (Kuku Yalanji), David Charles Collins et Kirian Lawson, Super-héros de Warakurna #1, série Super-héros de Warakurna, 2017
Un’altra mostra da citare di questa edizione la troviamo al Palais de l’Archevêché ed è consacrata alle impressionanti fotografie che Berenice Abbott, la grande fotografa statunitense scomparsa nel 1991, scattò negli anni ‘50. Fotografie che qui dialogano con le immagini, ben più contemporanee, di Anna Foxx e Karen Knorr. Siamo in pieno immaginario della Route 1, che attraversa il paese da nord a sud, tra road trip e motel kitsch, tra mascolinità armata fino ai denti e miseria alcolizzata.

Berenice Abbott. Dîner en bord de route, New Jersey, 1954
Degna di nota la mostra dedicata a Nan Goldin che qui tenta un esperimento stravagante. Prende tutta una serie di fotografie di pitture e sculture classiche tra il Rinascimento e il Barocco, con molto Caravaggio, e le alterna con immagini delle sue amiche, amanti e amici, inserendole nella sua classica luce calma e calda che sublima un mondo spesso attraversato da devianze. In questo caso la foto di due amanti contemporanei è rapportata all’Amore e Psiche di Canova.

Nan Goldin. Jeune amour, 2024
Commovente infine è la mostra dedicata a Letizia Battaglia, La mafia siciliana e agli assassini di Piersanti Mattarella, Giovanni Falcone. Gli interni brulicanti di un sud povero. I volti di Pierpaolo Pasolini o della vedova Rosaria Schifani, a cui si aggiunge anche un film intervista di una bellezza straripante. Arles ha riservato un’accoglienza molto calorosa a questa immensa fotografa, scomparsa tre anni fa, proprio nel momento in cui esce in traduzione francese, per le edizioni Ardesia, il bellissimo libro che Sabrina Pisu ha scritto a quattro mani con Letizia Battaglia pubblicato in Italia da Einaudi col titolo: Mi prendo il mondo ovunque sia.

Letizia Battaglia. Rosaria Schifani, vedova della guardia del corpo Vito Schifani, ucciso con il giudice Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e i colleghi Antonio Montinaro et Rocco Di Cillo, Palermo, 1992
Le esposizioni sono dunque imperdibili. Ad esempio quella di David Armstrong che proprio qui a Arles, la stessa Nan Goldin ci aveva fatto scoprire una dozzina di anni fa, e che ritroviamo post mortem con le immagini potenti e nere degli anni ‘70. Una New York bohémien, scalcinata in tutto il suo splendore, ma anche una serie di cassoni luminosi della fine degli anni ‘80, in cui l’ombra lunga dell’AIDS aggiunge ulteriore malinconia alle immagini. Sublime, direi. Assolutamente da non perdere.
Lou Lepori da Arles
Immagini ribelli ad Arles
Alphaville 16.07.2025, 11:45
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