Jaider Esbell (1979-2021) fu un artista e attivista brasiliano appartenente all’etnia indigena Macuxi situata nello stato amazzonico del Roraima. Uno degli esponenti più importanti per la diffusione del movimento artistico emergente delle comunità indigene sparse in tutto il Brasile, grazie alla crescente notorietà legata al suo lavoro e alla difesa dei diritti umani ed ecologici di queste comunità, Esbell fu il fondatore di un atelier-galleria d’arte a Boa Vista, capitale dello stato, che ospitava i lavori di altri artisti provenienti da tutta la regione amazzonica, non solo quella compresa entro le frontiere nazionali.
Durante gli anni novanta, Esbell lavorò come elettricista presso l’impresa statale Eletrobras, mentre in parallelo si preparava per laurearsi in Geografia. Abbandonò poi il lavoro nel 2016 per dedicarsi a tempo pieno alla pittura e a questo spazio-laboratorio di condivisione dell’arte amazzonica. Era attivo anche come gallerista e curatore degli artisti della foresta, perché credeva che fosse necessario che questi venissero rappresentati da qualcuno vicino alla loro realtà e sensibilità cosmologica. L’atelier da lui gestito, noto ormai anche ai grandi nomi del mercato dell’arte, divenne un punto di riferimento per la diffusione dell’arte delle popolazioni originarie della foresta, come si auto denominano oggi le molte comunità di nativi.
Ispirato da Makunaimî, eletto dall’etnia Mucuxi come essendo al contempo una divinità e loro ancestrale, una forza spirituale che guida la loro lotta per la difesa del territorio e dell’ambiente, Jaider Esbell definiva il suo lavoro come “artivismo”, un misto di arte e attivismo politico, due poli intrinsecamente legati nei suoi quadri, attraverso i quali mostra il rapporto complesso e affascinante tra le diverse culture che nel Brasile si sovrappongono, si scontrano, si mettono a confronto. La ricchezza creativa di Jaider Esbell e del suo popolo è guidata da forze cosmologiche ancestrali, costantemente minacciate dalla logica bellica occidentale, caratterizzata dalla selvaggia depredazione delle fonti naturali e simboliche e dallo sfruttamento della mano d’opera semi-schiava.
Jaider Esbell definiva il suo artivismo come la pratica con la quale le comunità della foresta, attraverso di lui, riuscivano a mostrare ciò che non sarebbe mai arrivato al mainstream, al mercato dell’arte internazionale, anche perché quando la loro voce giungeva ai mass media, a detta di Esbell, veniva abbellita, deturpata, addolcita, resa innocua. “La nostra lotta è una lotta per la vita, per il territorio […] Per me, è evidente che l’urgenza di noi tutti, esseri umani, è ecologica, è transrazziale e transgenerazionale, transcosmologica ”.
La discesa dello sciamano Jenipapo dal regno delle medicine, 2021
Con le sue opere, Esbell volle contrapporre all’immaginario dello sterminio dei popoli indigeni, la vitalità e la potenza dell’universo cosmogonico che lo abitava e che lo aveva formato, unica e vera “scuola di vita”, così come lui stesso spiegò in numerose interviste rilasciate per giornali o documentari: Non ho mai seguito corsi di storia dell’arte, non ho quasi mai avuto lezioni di nulla che avesse a che fare con l’arte, ma sin da piccolo ho avuto accesso all’universo cosmologico della mia gente, il che rappresenta un’altra forma d’arte”.
Attraverso il contatto con sciamani di diverse etnie, che gli insegnarono che “l’arte è la nostra saggezza ed è capace di creare nuovamente il mondo”, l’artista sviluppò quindi una sensibilità attenta alle diverse potenzialità della natura cosmogonica della vita, ampliando nel corso degli anni anche le sue prospettive artistiche. Il convivio sin dall’infanzia con la ricchezza simbolica delle comunità indigene lo spinse verso forme sempre nuovee di rappresentazione e sperimentazione, fino a quando nel 2010 vinse una borsa di sostegno alla creazione e lì si rivelò al mondo dell’arte, dando inizio a una carriera ricca di fasi creative nelle quali Esbell sviluppa approcci sempre originali e sorprendenti del sostrato mitico indigeno.
Jaider Esbell, La guerra dei Kanaímés, 2020
Ispirato alla forza guerriera degli spiriti Kanaimés, dotati di una potenza ambivalente perché al servizio sia di forze negative che di forze vitali, di tutela della vita, Esbell creò nel 2020 una delle sue opere più importanti, la sequenza di dipinti Guerra dos Kanaimés. Secondo l’artista, la popolazione Makuxi è essenzialmente guerriera ed è sopravvissuta fino ad oggi appunto perché sa come fare la guerra. Un giorno sua madre, che era insegnante, gli disse: “Jaider, porta la parola dei Makuxi in giro per il mondo”. Ecco perché, animato dal monito matriarcale del suo lignaggio, dal 2016 l’artista decise di dedicarsi appieno all’arte, da lui considerata come l’estensione della politica umana per il mondo.
In questa serie di dipinti si stagliano su sfondo nero immagini esuberanti della foresta con le sue creature, appunto, gli spiriti Kanaimés, tra il reale e il fantastico, come se i colori così intensi fossero delle esplosioni sorte dall’oscurità, invitandoci ad abitare nuovamente i limiti tra la dimensione di ciò che è visibile e ciò che non lo è, tra ciò che è comprensibile e ciò che resta misterioso, attualizzando l’importanza dell’universo mitologico e ancestrale.
D’altro canto, Esbell manifestò la necessità di denunciare la responsabilità storica dell’Europa nel violento processo coloniale che decimò intere popolazioni native e che ha tramandato fino ai nostri tempi la pratica di disumanizzazione della sua gente – l’oscurità come sfondo costante nei suoi dipinti proviene quindi dalla coscienza dello sterminio avvenuto e tutt’ora in corso.
A questo proposito, il suo lavoro Carta ao Velho Mundo (Lettera al Vecchio mondo, 2021) mostra come l’artista abbia volutamente riscritto nuovi significati su un libro d’Arte europea, sovrapponendo alle opere classiche dei motivi Makuxi e lasciandoci messaggi in difesa della foresta e della vita. L’inquietudine creativa di Jaider Esbell derivava dall’urgenza di preservare ogni forma di vita (della sua gente e dell’intero pianeta).
Jaider Esbell, Lettera al Vecchio Mondo, 2021
La sua improvvisa e prematura scomparsa, avvenuta a fine 2021, nel momento più importante della sua carriera, ci lascia impotenti davanti alla fragilità del nostro tempo ed è l’emblema di una cultura ancestrale, la sua, da sempre devastata, in balia di un mondo governato da leggi disumane. L’oscurità che lui tanto conosceva e combatteva si è ripresa l’uomo, l’erede del sapere antico, l’artista e l’attivista, esplicitando il dramma di chi, come lui, proviene da una realtà lontana dai codici del successo e del guadagno, e che è dilaniata dalle profonde contraddizioni che distinguono la nostra epoca.
Jaider Esbell, La conversazione delle entità intergalattiche per decidere il futuro universale dell'umanità, 2021
Una domanda in particolare ci turba: come può l’artista che “parla” in nome di una collettività, aprirsi uno spazio nel mondo per portare la voce degli altri, senza cedere alla logica spietata di un mercato che tutto divora, tutto trasforma in oggetto e lucro?
Rimangono le sue opere, che traducono la bellezza di un universo pulsante e miracolosamente capace di rigenerarsi e produrre nuovi significati, come un mito antico che continua a stupirci per la sua attualità.