Arte e Spettacoli

L’anima dei colori

Paolo Repetto racconta la rivoluzione pittorica tra XIX e XX secolo, quando il colore si libera dalla mera funzione mimetica e diventa linguaggio autonomo

  • Oggi, 12:00
William Turner, Shields Lighthouse, 1823

William Turner, Shields Lighthouse, 1823

Di: Alphaville/Mat 

Il passaggio tra XIX e XX secolo segna una delle svolte più radicali nella storia dell’arte occidentale. È il momento in cui il colore smette di essere semplice strumento di rappresentazione e diventa protagonista assoluto, linguaggio autonomo capace di plasmare emozioni e visioni. Una rivoluzione che apre la strada alle avanguardie del Novecento e che ancora oggi ci interroga sul senso profondo della pittura.

Nel suo nuovo libro L’anima dei colori. I padri dell’arte del Novecento (Utet, 2024), Paolo Repetto – musicologo e critico d’arte – ricostruisce le radici di questa trasformazione. Accanto ai nomi canonici di Cézanne, Monet e Van Gogh, l’autore inserisce figure come Delacroix e Turner, ampliando la genealogia dell’arte moderna e mostrando come la rivoluzione cromatica sia frutto di un processo lungo e complesso.

Il cuore della svolta sta nell’emancipazione del colore. Non più subordinato al disegno o alla funzione mimetica, il colore diventa materia viva, autonoma, capace di esprimere il sublime. Turner, con le sue tempeste e i suoi vulcani, incarna questa tensione: la bellezza che inquieta, che emoziona, che spaventa. È il passaggio dal “bello” classico, proporzionato e armonico, al “sublime” romantico, che travolge e scuote. Una transizione che segna l’inizio di un nuovo modo di guardare e dipingere. «Il colore diventa protagonista assoluto, non è più soltanto un mezzo per descrivere, ma un linguaggio che vive di vita propria», sottolinea Repetto al microfono di Mattia Pelli in Alphaville..

12:55
“L’anima dei colori. I padri dell’arte del ‘900″ di Paolo Repetto, Il nuovo Melangolo (dettaglio di copertina)

Il colore, sublime rivoluzione

Alphaville 24.11.2025, 11:05

  • ilmelangolo.com
  • Mattia Pelli

La fotografia, paradossalmente, accelera questo processo. Se la nuova tecnica riproduce la realtà meglio della pittura, allora la pittura deve rivendicare la propria specificità: la pennellata, la materia, lo spessore, l’artigianato del gesto. Courbet lo aveva intuito: il pittore non è un fotografo, ma un artigiano che lavora con pigmenti e luce per creare un’esperienza sensoriale irripetibile. Da qui nasce l’autonomia del colore, che troverà compimento nelle riflessioni teoriche di Kandinsky e nel suo primo acquerello astratto del 1910.

Non è un caso che Kandinsky guardi alla musica come modello. La musica, arte che vive senza bisogno di riferimenti esterni, diventa paradigma di libertà espressiva. «Tutta l’arte aspira alla condizione della musica», scriveva Walter Pater. E la pittura, emancipando il colore, si avvicina a quella stessa autonomia: un linguaggio che non deve più “rappresentare” ma può semplicemente “essere”.

Da Turner a Van Gogh, da Delacroix a Cézanne, si delinea così un percorso che conduce alle avanguardie: Impressionismo, Post-Impressionismo, Cubismo, Astrattismo. Ogni tappa è un passo verso la liberazione del colore, verso una pittura che non descrive ma interpreta, che non copia ma inventa. È la nascita di un nuovo modo di vedere il mondo, in cui la soggettività diventa valore e la percezione personale si fa arte.

Il libro di Repetto invita a rileggere questa storia con uno sguardo ampio e interdisciplinare. Arte visiva, musica, poesia e letteratura procedono «a braccetto», intrecciando linguaggi e influenze. È un periodo di straordinario fermento creativo, in cui i confini tra le arti si fanno porosi e le contaminazioni generano nuove forme. La rivoluzione del colore non è solo pittorica: è culturale, filosofica, estetica.

Oggi, in un’epoca dominata da immagini digitali e riproducibili all’infinito, tornare a riflettere sull’autonomia del colore significa riscoprire la forza originaria della pittura. Quella capacità di emozionare, di destabilizzare, di aprire mondi interiori. L’anima dei colori ci ricorda che la modernità artistica nasce da un gesto semplice e radicale: liberare il colore, lasciarlo parlare da sé. È lì che si trova la vera rivoluzione alle porte del Novecento.

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