Dopo undici anni alla guida del LAC, Michel Gagnon ha lasciato la direzione di una delle istituzioni culturali più importanti della Svizzera italiana. Dal 1° settembre, il timone è passato ad Andrea Amarante, nominato dal Consiglio direttivo per un mandato quadriennale. È la fine di un ciclo e l’inizio di una nuova fase per il centro culturale luganese.
Arrivato nel 2014, Gagnon ha accompagnato il LAC dalla sua nascita fino alla sua affermazione come polo multidisciplinare di rilievo internazionale. «Sono venuto a Lugano perché c’era un foglio bianco», racconta nell’intervista rilasciata a Nicola Lüönd in SEIDISERA. «Poter costruire un progetto culturale partendo da zero, con i propri valori e la propria esperienza, è stata un’occasione unica.»

Michel Gagnon lascia il LAC dopo 11 anni
SEIDISERA 03.09.2025, 18:00
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Quel foglio bianco è stato riempito con visione e determinazione. L’inaugurazione del LAC, il 12 settembre 2015, resta per Gagnon il momento più emblematico: «La città era bloccata, tutti volevano entrare. È stato un giorno di gioia, il segno che il progetto era davvero per tutti.»
Orgoglioso di quanto fatto, Gagnon confessa che non è stato sempre facile. Le critiche iniziali, le polemiche, la stampa domenicale: «Ho chiesto di poter lavorare in pace, per dimostrare che il LAC non era un luogo per l’élite, ma uno spazio aperto alla città.»
Questa visione si è tradotta in una politica dei prezzi accessibile e in un programma di mediazione culturale: oltre 600 eventi gratuiti all’anno per scuole e giovani, una stagione estiva inclusiva, un dialogo costante con il territorio.
Sotto la sua direzione, il LAC ha smesso di essere un semplice contenitore per spettacoli e ha iniziato a produrre cultura. Grazie alla collaborazione con figure come Carmelo Rifici e lo stesso Amarante, il centro ha sviluppato una propria identità artistica, fatta di regia, progettualità e ricerca.
Le sfide non sono mancate: dalla pandemia ai rapporti con la politica e la stampa, fino alla necessità di attrarre sponsor e mecenati. «Serve un’immagine forte e positiva per costruire fiducia e sostenere l’ambizione culturale», sottolinea Gagnon.
Guardando avanti, il direttore uscente non nasconde il suo sogno: un nuovo teatro da 400 posti, pensato per liberare il Teatro Grande e dare più spazio agli artisti locali. Un progetto già presentato al Consiglio direttivo, firmato dall’architetto Ivano Gianola.
Gagnon resta coinvolto nel progetto LAC come ambasciatore per le relazioni internazionali e i rapporti con i mecenati. «Lavoriamo con anni di anticipo: nel 2026 ci sarà un festival di danza con coproduzioni internazionali in cui sarò ancora attivo». Ma il suo nuovo ruolo sarà limitato. «È tempo di fermarsi un po’, di lasciare spazio ad altri. Vediamo cosa mi porterà la vita.»
Intanto il LAC si prepara a scrivere un nuovo capitolo, forte di un’eredità fatta di apertura, visione e radicamento nella città. In un momento di transizione, l’istituzione luganese conferma la sua vocazione: essere un centro culturale vivo, accessibile, capace di guardare lontano senza dimenticare da dove è partito.