Tra storia della psicologia e arte

Paesaggi dell’anima

Una mostra al Landesmuseum di Zurigo omaggia Carl Gustav Jung nel 150esimo anniversario della nascita e la psico-geografia elvetica che lo ha ispirato

  • 47 minuti fa
J.Johann Heinrich Füssli, L'incubo, 1790/91, olio su tela

J.Johann Heinrich Füssli, L'incubo, 1790/91, olio su tela

  • Freies Deutsches Hochstift / Frankfurter Goethe-Museum, IV–1953–033
Di: Voci dipinte/Mc 
Date all’uomo la dignità e lasciatelo essere individuo, affinché trovi la sua comunità e la ami.

Carl Gustav Jung: Libro rosso

Lo sviluppo della psichiatria, della psicologia e della psicoanalisi è strettamente legato alla Svizzera. La Svizzera ha ospitato e dato i natali a grandi “esploratori dell’anima” tra Ottocento e Novecento: dallo zurighese Hermann Rorschach, che ha dato il nome al pionieristico test proiettivo psicologico “delle macchie”, al grande esponente dell’analisi esistenziale e della psichiatria fenomenologica, Ludwig Binswanger, fino a Carl Gustav Jung, padre della psicologia analitica.

Pare ambizioso intrecciare storia della psicologia, paesaggio e arte e cultura svizzera. Ma il Landesmuseum di Zurigo ama le sfide. Paesaggi dell’anima. C.G.Jung e la scoperta della psiche in Svizzera, aperta fino al 15 febbraio 2026, è una mostra di grande impatto visivo e culturale, che intende stimolare riflessioni sul rapporto tra paesaggio, arte e psiche e delineare una sorta di “psico-geografia elvetica”.

Disegno preliminario dell'ottava tavola di Rorschach, Hermann Rorschach, 1917–1918

Disegno preliminario dell'ottava tavola di Rorschach, Hermann Rorschach, 1917–1918

  • Archiv Hermann Rorschach, Archiv für Medizingeschichte der Universität Bern

L’occasione è omaggiare lo psichiatra, psicanalista, antropologo e filosofo svizzero Carl Gustav Jung, nel 150esimo della nascita. Il padre della psicologia analitica era nato nel 1925 a Kesswil nel Canton Turgovia e morto a Küsnacht, oggi sede della Fondazione C. G. Jung, nel 1961. Nel ricordare Jung il Landesmuseum sceglie di mettere al centro della mostra il Libro Rosso, il diario analitico che elaborò lavorando su sé stesso e dove annotò i sogni e le fantasie, accompagnandoli con disegni, immagini simboliche e mandala. Un’opera considerata il suo laboratorio creativo da cui nacquero concetti come gli archetipi, l’inconscio collettivo e il processo di individuazione.
Scritto tra il 1913 e il 1930 e considerato la chiave per comprendere la nascita della psicologia analitica, il Libro rosso è un’opera visionaria, profondamente legata alla Svizzera. Jung lo compose nella sua casa di Küsnacht, sulle rive del lago di Zurigo, e vi sono contenute riflessioni dove appaiono evidenti le influenze del paesaggio e della cultura svizzera sulla sua personale esplorazione dell’inconscio.

Dal Libro Rosso: La sfera è un simbolo della totalità e del Sé. (C. G. Jung, Il Libro Rosso – Liber Novus, 1913–1930)

Dal Libro Rosso: La sfera è un simbolo della totalità e del Sé. (C. G. Jung, Il Libro Rosso – Liber Novus, 1913–1930)

  • © Stiftung der Werke von C. G. Jung, Zürich

Conosciuto anche come Liber Novus, il Libro rosso è un manoscritto di oltre 400 pagine, scritto dopo la rottura con Freud. Non solo documento biografico, ma vero e proprio laboratorio teorico di Jung. Per scriverlo utilizzò la tecnica dell’immaginazione attiva, dialogando con figure interiori e archetipi che sarebbero poi diventati fondamentali nella sua teoria. Un libro che non volle mai pubblicare, perché temeva fosse frainteso e giudicato come una “follia”. Gli eredi autorizzarono la visione dell’opera nel 2001 e la pubblicazione avvenne solo nel 2009.

Immagine di un paziente, C. G. Jung-Institut Zürich

Immagine di un paziente, C. G. Jung-Institut Zürich

  • © C. G. Jung Institut Zürich, Küsnacht

Le opere d’arte esposte a Zurigo riflettono l’esplorazione dell’anima attraverso le opere visionarie di artiste e artisti svizzeri. Opere di Johann Heinrich Füssli, Emma Kunz, Rudolf Steiner, Meret Oppenheim e Thomas Hirschhorn e, non ultima l’artista svizzera Heidi Bucher (1926–1993), nota per le sue skinnings, impronte di ambienti e oggetti realizzate con lattice e tessuti. L’opera Heidi Bucher in mostra, come altre della sua produzione, esprime la volontà di catturare la memoria di spazi abitati per trasformarli in pelli traslucide, sospese tra presenza e assenza. Pelli che evocano il rapporto tra corpo e ambiente, tra interno ed esterno, e diventano metafora della psiche come superficie permeabile.

Heidi Bucher, Das Audienzzimmer des Doktor Binswanger, 1988, garza, colla di pesce e lattice

Heidi Bucher, Das Audienzzimmer des Doktor Binswanger, 1988, garza, colla di pesce e lattice

  • © The Estate of Heidi Bucher, courtesy of the Estate of Heidi Bucher and Lehmann Maupin, New York, Hong Kong, Seoul and London, foto: Museo nazionale svizzero

Nel 1988 l’artista svizzera Heidi Bucher (1926–1993) stacca la garza e il lattice che rivestono le pareti dell’ambulatorio di Ludwig Binswanger, presso il sanatorio Bellevue a Kreuzlingen per realizzare Das Audienzzimmer des Doktor Binswanger. La sua opera è una riflessione sulle pazienti che sono state «messe a tacere» nella storia della psicoanalisi, come la celebre storia della giovane Bertha Pappenheim, detta «Anna O.», raccontata da Joseph Breuer e da Sigmund Freud in Studi sull’isteria, un volume fondamentale nella nascita della psicanalisi. Una donna che venne internata due volte e che presentò diverse ricadute, ma che divenne poi un’attivista per i diritti delle donne e dei bambini.
L’opera di Heidi Bucher impressiona e ci mostra, ancora una volta, come anche gli spazi fisici possano diventare paesaggi interiori.

Sguardo sulla mostra «Paesaggi dell’anima» Museo nazionale Zurigo, 2025

Sguardo sulla mostra «Paesaggi dell’anima» Museo nazionale Zurigo, 2025

  • © Museo nazionale svizzero

In chiusura la mostra zurighese getta un ponte tra i «paesaggi dell’anima» del passato e quelli del presente. Con alcune interviste con esperte ed esperti di psicologia e psichiatria, l’invito è a riflettere su come i cambiamenti sociali influenzino la nostra salute mentale. Temi come lo stress, l’uso di social media e i problemi di identità sono poi oggetto di racconti di giovani proiettati nel presente e non privi di preoccupazioni per il futuro.

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  • Emanuela Burgazzoli

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