Con il FIT Festival di Lugano, che guida dal 2016, Paola Tripoli mette in contatto scene, mondi e generazioni. Un lavoro, quello condotto con il suo staff, che ha convinto anche la giuria del Premio svizzero delle Arti Sceniche 2025, conferito alla manifestazione per «l’innovazione nella pratica curatoriale» e la sua capacità di offrire «una piattaforma per la mediazione e lo scambio di idee su questioni sociopolitiche».
Il Festival Internazionale del Teatro e della scena contemporanea (questo il nome per esteso) si prepara alla sua 34ª edizione, in programma dal 3 al 12 ottobre 2025. Ospite di Rete Uno, Tripoli ne ha descritto gli obiettivi e raccontato qualcosa di più della sua visione. Lo ha fatto portando con sé la parola “coerenza”, preziosa nel suo lavoro quotidiano: «È una parola con la quale è difficile convivere, ma mi viene abbastanza naturale» spiega, «È molto difficile perché in realtà fa più nemici che amici». E la coerenza si riflette anche nel suo approccio curatoriale: «Quello che ho tentato di fare in questi dieci anni è stato voler scrivere un grande libro che per ogni edizione si porta dietro un capitolo».
Caratteristica del FIT è la sua natura politica, che Tripoli ci tiene a evidenziare: «Io non ho remore a definirlo un festival politico» dove questo aggettivo «significa non necessariamente prendere posizione; ovviamente io la prendo dicendo che questo è un festival radicale e politico, e poi chiedo agli artisti di prendere posizione». Gli artisti scelti per la rassegna sono quelli che «cercano di raccontare la storia, per esempio cercando di smascherare quello che invece alcuni stanno cercando subdolamente di cancellare».
Pensando al pubblico, la direttrice sottolinea l’importanza di avvicinarsi al teatro contemporaneo senza il timore di non avere il bagaglio culturale necessario: «Bisogna avvicinarsi con curiosità […] Ci sono vari livelli di percezione e comprensione. Ognuno ha i suoi e pian piano questo bagaglio si arricchisce». Una concezione inclusiva presente anche nel rapporto con il pubblico ticinese, che Tripoli, salentina di origine, in Ticino da 25 anni, ha imparato a conoscere e descrive come «molto curioso».
Il palcoscenico, la volontà di portare spettacoli innovativi e provocatori, è importante per il FIT, ma lo è altrettanto stabilire un dialogo con la comunità così da stimolare punti di vista critici sulla società contemporanea. Anche trattando il passato: «Non sono una che non comprende l’importanza dei classici» afferma Tripoli, secondo cui «gli artisti devono parlare del passato e del presente, perché sono visionari anche del futuro. Ci sono tantissimi esempi nella storia del teatro ma non solo [di artisti] che hanno visto prima di tutti quello che sarebbe successo e ce l’hanno raccontato».
La parola del giorno: coerenza
Tra le righe 11.09.2025, 14:30
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