Cultura

Una vita sott’acqua, fra balene, squali e lucci

Da quarant’anni Franco Banfi si immerge e fotografa gli abitanti del mare e quelli d’acqua dolce. E assicura che i nostri laghi non sono peggiorati, anzi!

  • 26 agosto, 11:00
  • Ieri, 14:48
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  • Franco Banfi - Wildlife Photo Tours
Di: Stefano Roncoroni 

Dal 1981 esplora un mondo per i più sconosciuto, un universo che in molti scopriamo solo grazie alle fotografie e ai documentari. Franco Banfi è un subacqueo e fotografo di origini ticinesi, ha ricevuto molti premi prestigiosi e i suoi scatti sono famosi in tutto il mondo, pubblicati da riviste del calibro del National Geographic.

Le prime immersioni le hai fatte nel Ceresio, a inizio anni ’80. Ma, da allora, il lago è cambiato?

«Secondo me ci sono dei cambiamenti, ma sono positivi. È migliorata l’acqua del lago: quando io ho iniziato a immergermi non vedevo nessuna pianta acquatica. Oggi, ci sono delle piante acquatiche che arrivano fino in superficie: vuol dire che c’è ossigeno, vuol dire che riescono a crescere, hanno bisogno, ovviamente, della luce ma anche di ossigeno per crescere. Le piante acquatiche creano un ecosistema per i pesci che possono viverci. Immergersi è piacevole, non è solo vedere sassi».

Certo, per fotografare in immersione conta la passione, la curiosità, ma ci vuole anche tanta tecnica: le limitazioni sono tante...

«Ci sono dei limiti di tempo, non è che io possa stare ore sott’acqua, anche se oggi ci sono dei mezzi come il “rebreather” per prolungare l’immersione. Però c’è una fine: fuori dall’acqua, invece, un fotografo può anche stare ad aspettare una settimana che arrivi il leone. In immersione si va con una macchina fotografica, massimo due, una per il grandangolo, l’altra per il macro. Fuori dall’acqua, un fotografo può cambiare anche 50.000 obiettivi se ne ha voglia e, nel momento in cui muta la situazione, può cambiare anche tutta l’attrezzatura molto più facilmente».

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  • Franco Banfi - Wildlife Photo Tour

Ovvio che non tutti gli scatti sono uguali, sia dal punto di vista emozionale sia come valore commerciale:

«Una decina di anni fa, sono andato a fotografare, in Sri Lanka, una sottospecie della balena blu (il più grande mammifero esistente, che può arrivare a superare i 30 metri). La balena blu dello Sri Lanka si chiama “Pigmea”, è una variante più piccola ma che arriva oltre i venti metri. E comunque una balena enorme, se ti passano venti metri di balena di fianco è come se passasse un autocarro. Quando sono riuscito a fotografarla, per un paio d’anni, riuscivo a vendere molto bene quelle foto. Poi, ci sono state altre persone che l’hanno fotografata, la cosa è diventata un po’ più facile e il mercato si è abbassato tantissimo».

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Obbiettivo subacqueo

RSI Cultura 05.09.2025, 08:00

Mai avuto paura?

«Ho avuto delle situazioni in cui aver paura. Però non senza arrivare alla paura, al panico. Andavo spesso in Sudafrica a fotografare gli squali. Ero diventato amico di un operatore e lui un giorno mi porta fuori, in mare. Mi dice: “Franco, ti porto fuori, pasturiamo per attirare lo squalo tigre. Poi quando arriva vado a riva a prendere un mio amico e torno. Io ho ascoltato, ma senza riflettere. Siamo arrivati in mare e abbiamo attirato lo squalo, abbiamo messo una boa con un po’ di pastura. Sono andato in acqua, ho cominciato a fotografare. Lui, con il gommone, è andato via, mi ha lasciato lì. Dopo un po’ che fotografavo, lo squalo tigre ha azzannato la pastura: quando morde si avvolge su sé stesso per staccare la carne ed è rimasto impigliato nella cima. Non poteva più muoversi. Volevo aiutarlo. Ero solo con la macchina fotografica in mezzo al mare, il povero squalo che sbatteva perché si sentiva intrappolato. Non sapevo bene da che parte prenderlo. Ho guardato fuori e ho visto che la costa era più o meno a due, tre chilometri. Mi son detto: “Devo nuotare due, tre chilometri. È lunga!” Sono rimasto a riflettere: “Cosa fare? Cosa non fare?” Per fortuna è tornato il mio amico col gommone. E dal gommone, è stato facile agire. Ha tirato su la boa, ha liberato lo squalo, che è partito come un razzo perché si era preso una paura enorme!»

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Per le alborelle è tempo di riproduzione

Il Quotidiano 23.07.2025, 19:00

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