Arte

Tomaso Binga, femminischiasmo ridanciano

Il Museo Madre di Napoli celebra i quarant’anni di attività artistica e impegno sociale, dell’artista provocatoria e anticonformista che nel 1971 adottò un nome maschile

  • Oggi, 11:30
4 Tomaso Binga_Io sono Io.Io sono me_1977_Collezione privata Milano_courtesy Archivio Tomaso Binga e Frittelli Arte Contemporanea_1.jpg

Tomaso Binga, Io sono Io. Io sono me, 1977 - Collezione privata Milano

  • Courtesy Archivio Tomaso Binga e Frittelli Arte Contemporanea
Di: Vito Calabretta 

Euforia Tomaso Binga, è la mostra al Museo Madre di Napoli che presenta, fino al 21 luglio, 120 opere (poesie visive, installazioni, fotografie, collage, documenti, testimonianze di performance) di Tomaso Binga, nome d’arte di Bianca Pucciarelli Menna. La cura della mostra è di Eva Fabbris e Daria Khan.
Il volume che accompagna la mostra, in italiano e inglese, è edito da Lenz Press è a cura di Eva Fabbris, Lilou Vidal e Stefania Zuliani.

Il mio nome maschile gioca sull’ironia e lo spiazzamento; vuole mettere allo scoperto il privilegio maschile che impera anche nel campo dell’arte, è una contestazione per via di paradosso di una sovrastruttura che abbiamo ereditato e che, come donne, vogliamo distruggere. In arte, sesso, età, nazionalità non dovrebbero essere delle discriminanti. L’Artista non è un uomo o una donna ma una PERSONA.

Tomaso Binga, Alfabetiere murale, testo della mostra alla Galleria Lamanuense, Parma, 15 aprile 1977

Bianca Pucciarelli nasce nel 1931 a Salerno e vive, allegra novantaquattrenne, a Roma dove le è intitolato l’archivio Menna - Binga mentre a Salerno vi è la Fondazione Filiberto e Bianca Menna. Filiberto Menna, figlio del sindaco di Salerno, titolare di cattedra, direttore di dipartimento e deputato regionale indipendente con il Partito Comunista Italiano, è stata una personalità eminente dell’arte del dopoguerra italiano; morto nel 1988. Sposata con Filiberto Menna, Bianca Pucciarelli nasce come artista con il nome Tomaso Binga, in una mostra intitolata L’oggetto reattivo allo Studio Oggetto di Caserta, nel 1971.

3 Tomaso Binga, Bianca Menna e Tomaso Binga. Oggi Spose, 1977 - Courtesy Tomaso Binga, Archivio Tomaso Binga e Galleria Tiziana Di Caro.jpg

Tomaso Binga, Bianca Menna e Tomaso Binga. Oggi Spose, 1977

  • Courtesy Tomaso Binga, Archivio Tomaso Binga e Galleria Tiziana Di Caro

Nel 1977, l’artista celebrerà le nozze tra le sue sé in Bianca Menna e Tomaso Binga Oggi spose, una performance - mostra fatta di una partecipazione a nozze e da due fotografie, con sempre lei, vestita da lui e da lei, appese alla parete della galleria Campo D di Roma, il 15 giugno di quell’anno.

6 Tomaso Binga, Alfabeto Pop, Ape (Bee), 1977 -  Collezione privata, Courtesy Archivio Tomaso Binga e Galleria Enrica Ravenna, Roma (1).jpg

Tomaso Binga, Alfabeto Pop, Ape (Bee), 1977 - Collezione privata

  • Courtesy Archivio Tomaso Binga e Galleria Enrica Ravenna, Roma

Impegnata professionalmente anche sul fronte dell’educazione dei bambini, Bianca Pucciarelli costruisce la carriera di Tomaso Binga a partire dalla propria esperienza con il gioco e con la postura infantilista e affida all’artista la costruzione, una volta decostruito ludicamente il sistema di regole della nostra società, di alfabeti possibili e così di sintassi e discorsi espliciti e immaginari. Un esempio: prendendo spunto dalla assegnazione ad alcune tipologie di donne, nel gioco sociale, dello statuto di tappezzeria («tutti ballavano e lei ha fatto la tappezzeria»), Tomaso Binga produce una tappezzeria con una scrittura che non ha senso (la chiama scrittura desemantizzata o scrittura asemantica), allestisce in un’abitazione la carta da parati, confeziona per sé un vestito di carta fatto allo stesso modo e declama la poesia da lei scritta Io sono una carta. Nel corso del testo, la carta è a quadrettini, velina, assorbente, perforata, trasparente, piegata, semplice, bollata fino a diventare cartone e poi cartuccia per essere sparata. In conclusione della declamazione quindi, l’artista giocosamente e gioiosamente spara se stessa a chi la ascolta.

9.1 Tomaso Binga_ Vista Zero_1972-2020_Courtesy Archivio T Binga e Galleria Tiziana Di Caro Napoli_2.jpeg

Tomaso Binga , Vista zero, 1972–2020 (polittico, fotografie, stampa su carta baritata)

  • Courtesy Archivio Tomaso Binga e Galleria Tiziana Di Caro, Napoli

Il museo Madre di Napoli ha dedicato a questa esperienza storicamente importante una ricostruzione e una presentazione egregie, condotte da un allestimento essenzialmente fru fru che invita a seguire un corposo filo rosso e rosa con gli spazi nei quali il pubblico attinge a questo percorso poetico femminista per scarto marginale.

2_Euforia Tomaso Binga_museo Madre_ph Amedeo Benestante.jpg

Euforia - Tomaso Binga, Museo Madre di Napoli

  • Foto: Amedeo Benestante

Il lavoro di Tomaso Binga è fatto di azione, prestazione scenica, rialfabetizzazione della realtà e declamazione di testi. La scrittura e la composizione grafica dei testi, così come la recitazione di alfabeti (insieme alla fotografa Verita Monselles, nel 1976 lavora alla scrittura dell’alfabeto ciascuna lettera del quale è rappresentata con il proprio corpo nudo: è l’Alfabetiere Murale) è una componente importante del suo lavoro, sia essa una scrittura provocatoriamente filastrocchesca, oppure una scrittura gesto memoria oblio, cioè una scrittura di cui noi vediamo il segno ma non leggiamo il significato.

7 Tomaso Binga_Frammenti di lettere con scritture_2 R_1976_Collezione privata_Courtesy Archivio T Binga e Galleria E Ravenna Roma .jpeg

Tomaso Binga, Frammenti di lettere con scritture 2 R, 1976

  • Courtesy Archivio Tomaso Binga e Galleria Erica Ravenna, Roma

La scrittura desemantizzata assolve nell’ambito specifico che Tomaso Binga frequenta la stessa funzione della riduzione tautologica ed essenzializzante che in quegli anni ha condotto al niente astratto, come il Niente da vedere niente da nascondere praticato e teorizzato da Alighiero Boetti. Esiste certo anche il referente di Vincenzo Agnetti che però lavora sulla profondità dei significati, sul loro portato semiotico e prettamente concettuale.

12 Tomaso Binga_Grafici di storie d'amore_1973_Courtesy Archivio T Binga Roma.jpeg

Tomaso Binga, Grafici di storie d'amore, 1973

  • Courtesy Archivio Tomaso Binga, Roma

Tomaso Binga invece percorre l’atmosfera sociale, condivisiva, partecipativa, comunitaria, tra sorelle e fratelli; il suo è un gioco pan-ambiguo che oscilla tra il registro delicato e quello provocatorio e dissacrante («non te la do, non te la do per vinta, non te la do pervinca», recita l’inizio di una sua poesia). Questo è in effetti la scrittura desemantizzata, salvo poi rilanciare a significati proiettivi o reminiscenti di chi ha scritto e di chi legge. Il fine è un abbraccio («l’abbraccio è un laccio…») che, decostruendo ogni gerarchia fino a ogni significato e senso e buon senso, ci invita a riunirci tutti e festeggiando a tentare di ricostruire.

Ricostruire cosa? Intanto, il sapore di esserci, al pari e insieme.

2 Tomaso Binga, Oblò, 1972. Acquisita fondi POC Regione Campania, 2020 - Collezione Fondazione Donnaregina-Museo Madre, ph Danilo Donzelli.jpg

Tomaso Binga, Oblò, 1972

  • Museo Madre - Foto: Danilo Donzelli
53:54

Condividere l’arte

Voci dipinte 04.05.2025, 10:35

  • TiPress
  • Emanuela Burgazzoli

Ti potrebbe interessare