È sempre difficile raccontare la malattia mentale in modo realistico, ed è importante che alcuni registi provino ad affrontare il tema pur sapendo che si esporranno a critiche inevitabili: due ore non possono bastare, certo, a rendere conto della complessità di disturbi psicotici come la schizofrenia, al centro della pellicola di Rolando Colla che arriva oggi questa settimana nelle sale della Svizzera italiana. Eppure bastano per raccontare una storia di emarginazione, di solitudine, ma anche capace di rendere conto del peso degli affetti e delle responsabilità familiari.
Charlotte, una di noi, fin dal titolo ruota intorno alla sua protagonista (Linda Olsansky, anche co-sceneggiatrice), malata di schizofrenia che vive isolata in un maso sperduto tra i boschi del Trentino, in compagnia del padre violento, alcolizzato, che usa la malattia come arma per isolare la figlia dal mondo, e tenerla prigioniera del senso di colpa.
Quando l’uomo viene ricoverato in ospedale per un infarto, Leo, il figlio più giovane, torna in paese dopo anni di assenza e invita la sorella a seguirlo in Svizzera. Per lei potrebbe essere l’inizio di una nuova fase della vita, la possibilità di confrontarsi con quella realtà sociale che le è sempre stata preclusa. Ma la donna è una persona comunque bisognosa d’aiuto e di fiducia, e anche il fratello e la sua famiglia non si rivelano sempre all’altezza della situazione.

Charlotte, una di noi e Familia (Ho visto cose, Rete Due)
RSI Cultura 05.06.2025, 18:00
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«Io non sono malata, sono anche un poco sana», dice Charlotte di sé stessa. E come ha sottolineato la stessa Linda Olsansky, è una frase chiave per comprendere l’intento del film: «Anche una persona con un disagio mentale – dice Olsansky – ha una sua dignità, un suo diritto di vivere nel modo più autonomo possibile. La paura di Charlotte è di finire in una clinica, di essere imprigionata, sotto medicine, di non avere più quella libertà che può avere vivendo lì, in quella casa nel Trentino dove lei parla con gli animali, costruisce dei pupazzi di cartapesta, li mette nel bosco, gli dà un nome. Charlotte vive in un mondo parallelo e parla con gli animali… c’è un lato in lei, diciamo anormale, strano, un po’ folle. Però, per lei, in quel modo di comunicare e di essere, c’è una stabilità. […] Se il film riesce a far entrare il pubblico in empatia con lei, condividere un po’ delle sue scelte... Beh, allora abbiamo raggiunto tanto».
Magari, si potrebbe dire, l’empatia in questione è il carburante necessario a trasformare in calore il panorama affettivamente glaciale messo in scena dal film, sottolineato dalla voce di Nada e dalla sua Ma che freddo fa.
Charlotte, una di noi è attualmente in programmazione ad Ascona e a Lugano.