Ha vestito Jack Nicholson, Meryl Streep e Madonna. Ha disegnato i personaggi di Stanley Kubrick, Francis Ford Coppola e Wes Anderson. E lo ha fatto così tante volte, e così tanto bene, da riuscire a conquistare per ben quattro volte l’uomo più ambito di Hollywood: l’Oscar.
Milena Canonero è uno di quei nomi che suonano come un film in 70mm e una partitura. Sì, come un enniomorricone o un johnwilliams, cinema che è arte e artigianato, genio unico e mestiere collettivo. Il suo tappeto rosso più che sotto i piedi è sulle spalle, attorno alla vita o a strascico. Il suo nome si appoggia come la seta, pesa come un costume vittoriano e ha la meticolosità di un ricamo. A Locarno78 Milena Canonero riceverà in Piazza Grande il Vision Award Ticinomoda, poco prima della proiezione di Shining. Era al suo quarto film, il terzo con Stanley Kubrick. Incontrato dieci anni prima, quando Piero Tosi, gigante dei costumi, declinò l’invito del maestro per Arancia Meccanica: non sapeva l’inglese e non viaggiava. Lei sì. E a 25 anni eccola su uno dei set più importanti della storia del cinema.
Per parlare di Milena Canonero, però, meglio affidarsi al taglio di una giacca, alla posizione di un bottone, ai becchi di un colletto e al colore di un panciotto. E allora eccola, in dieci volte in cui ha saputo vestire il cinema in maniera tanto impeccabile quanto sorprendente. Dieci personaggi, dieci dettagli o un insieme.
1. Arancia Meccanica, di Stanley Kubrick (1971)

Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, 1971
Un bicchiere di latte in una parentesi nera: bombetta - camicia, bretelle, paracolpi (unico indumento rimasto del romanzo di Burgess), pantaloni - anfibi. Più un ciglio, uno solo, ribaltato, idea di Barbara Daly, la truccatrice. Alex DeLarge, il capo-drugo interpretato dal gigantesco Michael McDowell, è violenza in bianco, uno skinhead del futuro ma più reale del presente. Bianco e nero, inquietante e fragile, anima e bastone.
2. Barry Lyndon, di Stanley Kubrick (1976)
Per un film girato a lume di candela Milena Canonero e Ulla-Britt e Soderlund riescono a vestire un quadro. Guidando una squadra di quaranta sarte e affini realizzano ogni singolo costume (a parte cinque, tra centinaia) perché quelli esistenti a noleggio in tutta Europa tradiscono finzione. In Barry Lyndon invece ogni abito è cucito, tagliato, indossato, posseduto, magari pure poco lavato. Senza dimenticare pizzi, cappelli, parrucche e belletto, maschi per primi. Il risultato? Un quadro che invece di essere pronto per il Louvre invita gli spettatori ad entrarci, come tante Mary Poppins.
3. Shining, di Stanley Kubrick (1980)

Shining di Stanley Kubrick, 1980
Tra mamme non cresciute che piombano nel peggiore degli incubi, scrittori boscaioli bipolari, maggiordomi impeccabili e un indimenticabile maglioncino Apollo 13, con un capolavoro nel capolavoro Milena Canonero veste d’azzurro sangue le gemelle di Diane Arbus, contribuendo a creare una delle immagini più potenti dell’iconografia horror. Con organza e fiocchetti.
4. Momenti di gloria, di Hugh Hudson (1982)
Nel momento in cui il sangue vero è sospeso nella (breve) parentesi tra le due guerre mondiali, Canonero veste di bianco una corsa olimpica, sulla spiaggia, contribuendo a disegnare uno degli incipit più celebri della storia del cinema. Ok, il brano di Vangelis aiuta, ma i costumi di Momenti di Gloria - suo secondo Oscar dopo Barry Lyndon - lasciano il segno, e influenzano la moda sportiva degli anni ’80.
5. Tucker - Un uomo e il suo sogno, di Francis Ford Coppola (1988)

Tucker, di Francis Ford Coppola, 1988
Quattro anni dopo Cotton Club Canonero torna a lavorare con Coppola e in Tucker - film ingiustamente dimenticato troppo in fretta - allestisce un armadio tra il sogno americano e il design, tra l’automotive e la megalomania del singolo. Grazie a cravatte, baffi, orecchini, colletti e camicie, i costumi diventano progetti, pantografi, velocità e traiettorie.
6. Dick Tracy, di Warren Beatty (1990)
E Madonna come la vesti? Così. Immergendosi tra le tavole di un fumetto, in cui tutto è già inchiostrato e tinto, Canonero ricostruisce una visione d’insieme pop-noir assolutamente perfetta. Potendo andare oltre i tratti umani (Zucca Piatta, Borbotto, Grinza e Grilletto), i costumi non vestono i personaggi, li assemblano, compongono. Riuscendo a confondere Al Pacino (Big Boy) e esaltare la Regina del Pop.
7. Le avventure acquatiche di Steve Zissou, di Wes Anderson (2004)

Bill Murray in Le avventure acquatiche di Steve Zissou, 2004
Kubrick, Coppola, Anderson: la triade, o trinità, è compiuta. Nel 2004 Canonero abbraccia anche la filmografia di Wes Anderson, incrociando con il regista di Houston le palette cromatiche, la cura per il dettaglio e lo sguardo corale su cast stellari. E con una divisa oceanica da imprese delle pulizie, a cui aggiunge il tocco rouge di Jacques-Cousteau, ecco vestiti Bill Murray, Owen Wilson, Cate Blanchett, Jeff Goldblum e Willem Dafoe.
8. Marie Antoinette, di Sofia Coppola (2006)
Ok, chiunque ricorda le Converse in un armadio settecentesco (ah, il genio!), ma occhio ancora una volta a non perdere di vista l’insieme. Il terzo Oscar arriva grazie - di nuovo - ai dettagli: ventagli, cappelli, fiocchi, guanti e parrucche, in dozzine e dozzine di abiti che andrebbero osservati sfiorandoli uno per uno. In Maria Antonietta tutto - a partire dalla faccia di Kirsten Dunst, ma questo non è merito della costumista - cerca di uscire dal suo ruolo, vestendo d’adolescenza una Regina.
9. Grand Budapest Hotel, di Wes Anderson (2015)

Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, 2015
Raccontando i suoi anni nel cuore del cinema di Kubrick, Canonero ricorda spesso una delle sue lezioni: “il cinema è in gran parte nelle teste; comincia da lì”. E dopo la bombetta di Alex, le parrucche di Barry e la cuffia di Steve, si può forse scordare il cappello di Zero, Lobby Boy? No, e se ci aggiungiamo una clamorosa Madame D klimtiana, fanno quattro Oscar.
10. Megalopolis, di Francis Ford Coppola (2025)
Colossale, esagerata, smarrita, sofferta, eterna. Nell’opera di una vita di Francis Ford Coppola, Canonero ha di nuovo il compito di vestire il futuro, e lo fa broccando d’Antica Roma la settimana della moda. Alta moda. Il black-tie di Adam Driver, con rever a scialle ricamato con un collare d’oro romanico è capace di proiettare Giulio Cesare nel 2100. Forse la cosa più credibile del film.
Locarno78: il cinema entra nel vivo
Alphaville 08.08.2025, 12:35
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