Venezia 2025

Frankenstein è una fiaba, Jacob Elordi è un mostro

Il film di Guillermo del Toro (presto su Netflix) reinterpreta il mito narrato da Mary Shelley oltre un secolo fa, e ci riporta a una domanda antica: corpo o anima?

  • Ieri, 17:00
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Jacob Elordi in Frankenstein, 2025

  • Netflix
Di: Chiara Fanetti 

Il racconto di Mary Shelley - nato per gioco, durante una sfida letteraria tra la scrittrice, il marito Percy e l’amico Lord Byron nel 1816, durante l’arcinoto “anno senza estate” a Ginevra - è stato portato sul grande schermo innumerevoli volte, anche in versioni molto distanti da quella originale, considerata un romanzo gotico ma anche una delle prime opere di fantascienza.

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La storia vera di Frankenstein

RSI Cultura 05.01.2018, 10:20

  • wikipedia

Il mostro di Frankenstein è stato comico e ironico, basti pensare al cult di Mel Brooks del 1974, Frankenstein Junior, con l’iconico Gene Wilder, e ovviamente è stato soprattutto un horror, passando dai tanti titoli della Hammer Film Productions (su tutti bisogna ricordare La maschera di Frankenstein, 1957, di Terence Fisher) fino ad arrivare anche allo splatter. Frankenstein però forse non era ancora diventato una fiaba.

È tipico del cinema di Guillermo del Toro unire generi differenti: una libertà che probabilmente trova le sue radici proprio nel cinema messicano, quello che ha influenzato maggiormente l’educazione visiva del regista, nato e cresciuto a Guadalajara. Una tradizione e uno stile dove grottesco e devoto, satirico e fantastico, drammatico e comico si incontrano senza problemi, un po’ come nella cultura messicana, dove i defunti e la morte stessa vengono associati a momenti conviviali e festosi, diversamente dalla tradizione occidentale.

Apparenti contrasti che convivono e si contaminano a vicenda: del Toro ha unito guerra civile e fantasmi (La spina del diavolo, 2001), il fantasy con le dittature (Il labirinto del fauno, 2006) e Pinocchio (2022, un’altra creatura) con l’antifascismo.

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Oscar Isaac in Frankenstein, 2025

  • Netflix

Creatura e creatore

Il suo Frankenstein più che di scienza e di superbia parla di purezza d’animo e di amore, più che la vendetta ci mostra il perdono e invece dell’ossessione al centro della storia troviamo la ricerca della pace interiore. 

Questo è possibile anche grazie al fatto che la storia qui viene mostrata non solo dal punto di vista del dottor Frankenstein, interpretato da Oscar Isaac, ma anche da quello della creatura, un Jacob Elordi che supera una prova di recitazione non facile, molto fisica e a rischio “caricatura”. Del Toro, a differenza del libro, offre anche al “mostro” l’opportunità di raccontare la sua versione dei fatti ed è qui che emerge l’animo più dolce - e non solo ferito e malinconico - della creatura.

Una scelta interessante, quella di avere due atti e due narratori, che pone l’accento su un embrionale rapporto padre e figlio e che ci permette di capire, ancora una volta, quanto del Toro provi ammirazione e sincero affetto per i  cosiddetti mostri, che per lui sono creature diverse, affascinanti, fantastiche, vittime della loro diversità, incomprese e giudicate da un mondo violento e miope.

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Mia Goth in Frankenstein, 2025

  • Ken Woroner/Netflix

Corpo e anima

Questo Frankenstein non ha cuciture e punti di sutura in bella vista e nemmeno una fronte sproporzionata. È più realistico e goffamente elegante e le ammirevoli fattezze di Elordi si possono scorgere anche attraverso il trucco. Differenze estetiche che aiutano anche a ridurre il paragone con altre celebri precedenti interpretazioni, come quelle di Boris Karloff, Robert De Niro e Christopher Lee.

Il film comunque conserva parte del passato più truce del cinema di del Toro, che ama rendere realistiche le sue creature, farle davvero funzionare, proprio a livello anatomico, e la storia di Frankenstein ovviamente gli ha permesso di giocare con la materia del corpo e dimostrare anche tutto il suo amore per il lavoro dell’anatomista francese Honoré Fragonard (i suoi “scorticati” sono stati sicuramente un’ispirazione), per l’iconografia che ritrae il martirio di santi e sante. E non da ultimo, per il cinema di David Cronenberg.

13:48

Due grandi documentari alla Mostra del Cinema

Alphaville 29.08.2025, 18:00

  • keystone
  • Marco Pagani e Chiara Fanetti

Forse si faticherà a trovare un motivo per andare a vedere, nel 2025, un nuovo film basato su un racconto gotico d’inizio Ottocento. Forse chi non ama lo stile di del Toro non otterrà molta soddisfazione, malgrado l’innegabile qualità visiva ed estetica.

Eppure questa versione più fiabesca di Frankenstein resta un po’ addosso. Pacatamente, come un sottofondo molto discreto, come le storie che ci venivano raccontate da piccoli. Nel film si pone una domanda tanto antica quanto innocente, che sollevava anche Mary Shelley e che in questa trasposizione trova voce nel personaggio sensibile e illuminato interpretato da Mia Goth. La domanda è: dove si trova l’anima, in quale parte del corpo?

04:15

1816, Victor Frankenstein e Mary Shelley

RSI Helveticus 29.08.2016, 00:00

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