Kamal Aljafari, prima di diventare il regista e l’uomo che è oggi, è stato ospite di un penitenziario giovanile israeliano, alla fine degli anni Ottanta. Nei mesi passati lì rinchiuso, aveva stretto amicizia con un ragazzo, poi mai più rivisto.
Nel 2001, Aljafari aveva deciso di mettersi alla ricerca di quel vecchio compagno di cella. Con lui c’è Hasan. Un fixer, direbbe qualcuno. Ma più semplicemente, era una guida, come racconta Aljafari al Locarno Film Festival: «Ho incontrato Hasan una sola volta, me lo presentò un amico, non ricordo nemmeno chi… Hasan accompagnava i visitatori in giro per Gaza. Quella volta mi guidò per tutta la striscia, mi ospitò. Da allora, nessun contatto. Oggi rintracciare qualcuno è quasi impossibile».
Hasan forse sarebbe finito in un angolo dimenticato dei ricordi personali di Aljafari, se il caso non avesse riportato davanti agli occhi del regista le immagini di quei giorni del 2001. «La vita è davvero misteriosa. È il mio destino di regista: ogni volta che penso di girare un film, mi imbatto in qualche materiale d’archivio interessante. E così è stato anche questa volta».
La circostanza fortuita in questione, è il ritrovamento di una scatola contenente 3 cassette MiniDV girate durante quei giorni a Gaza con Hasan. Aljafari ha preso quei filmati, e ha lavorato di montaggio fino a far loro prendere una nuova forma: With Hasan in Gaza, il suo film presentato ieri, apertura del Concorso internazionale.
With Hasan in Gaza
Pardo tardi 07.08.2025, 23:00
«Questo è un film in cui l’elemento personale si sviluppa e diventa collettivo – spiega Aljafari – condividere le immagini che ho girato, e di cui sono anche il soggetto, le ha trasformate. Pur non vedendo immagini della Gaza di oggi, pensiamo e sentiamo l’oggi. Ed è proprio questo, che volevo condividere: il contesto su cui si è abbattuta la tragedia che vediamo oggi».
Facile capire perché With Hasan in Gaza sia un esercizio di memoria e verità che richiede estrema cura, e rispetto: «Il modo in cui ho lavorato è molto diverso dai film precedenti, come ad esempio A Fidai Film (presentato a Visions du Réel 2024, ndr): in quel caso, usavo gli archivi palestinesi sottratti dagli israeliani nel 1982 per costruire una sorta di memoria degli espropriati. Li usavo per costruire una contro-narrazione. With Hasan in Gaza è molto diverso. La mia urgenza era mostrare quelle immagini così come sono, con pochissimi interventi. Tagliare qualcosa era come rimuovere l’unica documentazione di luoghi che ora non esistono più. In un caso come questo, il cinema diventa un oggetto vivente, e il film può diventare un tributo all’umanità, nonostante la tragedia, nonostante l’oscurità in cui siamo precipitati».
E proprio tra le tragedie provocate a Gaza da due anni di attacchi continui dell’esercito israeliano, quelle che più colpiscono sono, inevitabilmente, quelle che coinvolgono i minori. È inevitabile pensare alle vittime di oggi, guardando le immagini dei bambini contenute in With Hasan in Gaza. «Uno degli aspetti per me più toccanti del film – spiega ancora Aljafari – è la differenza fra adulti e bambini di fronte alla telecamera: i bambini volevano essere ripresi, cercavano attenzione, come tutti i piccoli. Erano ingenui. Gli adulti invece conoscevano già il pericolo rappresentato dalla telecamera, e di solito mi chiedevano: “A cosa serve? Per chi lavori?”. La telecamera per loro era uno strumento di controllo e occupazione, i bambini volevano solo giocare, volevano essere filmati. C’è una scena in cui sto girando e una bambina continua a dirmi: “Riprendimi, riprendimi!” e io la inseguo, sposto l’obbiettivo ma non la vedo, e lei mi dice “Sono qui”... Ogni volta che rivedo quella scena mi commuovo profondamente, perché racconta tutta la storia di Gaza.

A Locarno omaggio cinematografico a Gaza
Telegiornale 07.08.2025, 20:00