Architettura della felicità, ma il titolo italiano è meno efficace, rispetto a quello originale in tedesco: Architektur des Glücks. In tedesco, infatti, la parola è ambivalente più che in italiano, perché oltre all’idea di felicità contiene quella di fortuna: niente di più adatto a un documentario su Campione d’Italia, l’exclave italiana sul lago di Lugano, che ha costruito la sua storia intorno alla presenza – ingombrante, anche dal punto di vista architettonico – del celebre casinò.
Quell’edificio e quell’attività commerciale hanno garantito per decenni una notevole prosperità economica al paese, e tuttavia il prezzo pagato dai campionesi per quel benessere è stato alto: con il tempo, si è sviluppata una dipendenza sociale ed economica dal mondo del gioco d’azzardo.
Il film – diretto a quattro mani dallo zurighese Michele Cirigliano e da Anton von Bredow, tedesco di Amburgo – è raccontato da un coro di testimonianze: cittadini di Campione che raccontano sogni passati, ricordi e nuove sfide. Il loro sguardo è rivolto ai momenti gloriosi del passato, ma l’avvenire preoccupa, dopo aver vissuto una vita all’ombra del casinò che un tempo significava tutto. Le voci dei campionesi si intrecciano e danno forma al ritratto di una comunità che ceca di orientarsi, di ritrovare una strada.
Come racconta il regista Michele Cirigliano, «Campione d’Italia rappresenta in modo emblematico e simbolico ciò che può accadere quando una società si fonda su una monocultura economica. Esempi simili, su scala più grande, li abbiamo visti altrove: penso all’Ilva di Taranto, all’industria automobilistica in Germania, alla pesca industriale in Norvegia. Campione è interessante perché, essendo così piccola, diventa una sorta di laboratorio dove osservare dinamiche che altrove resterebbero nascoste».
Moira Bubola: Il suo lavoro mette in luce una società allo sbando dopo la chiusura del casinò, ma soprattutto le ombre dell’economia del gioco d’azzardo. Come è riuscito a trovare così tante persone disposte ad affrontare i lati più oscuri di questa realtà?
Michele Cirigliano: Non è stato facile. Quasi tutti gli intervistati, tranne lo storico Riccardo Mandelli, sono di Campione. Forse hanno avuto subito fiducia in noi, capendo che non cercavamo colpevoli o scandali, ma volevamo semplicemente capire cosa avesse portato al declino del paese. Questa fiducia ci ha permesso di raccogliere molte testimonianze, anche se non sempre complete: in un paese di duemila abitanti si fa attenzione a ciò che si dice. Tuttavia, credo che il film sia riuscito ad andare abbastanza a fondo.

Dal documentario emergono molte testimonianze. Cosa ha scoperto a Campione, che non si aspettava?
La vera sorpresa è stata scoprire che, in fondo, i responsabili del disastro sono stati un po’ tutti. Per decenni, i cittadini di Campione hanno chiuso gli occhi e le orecchie finché le cose andavano bene, beneficiando della ricchezza portata dal casinò. Forse per ingenuità, forse per comodità, nessuno ha reagito davvero al declino, anche quando era ormai evidente. Né le istituzioni, né la Chiesa, né i cittadini hanno preso iniziative concrete, sperando che tutto continuasse come prima. Ma così non è stato.
Tra cinema e memoria
Indovina chi viene al cinema 20.09.2025, 12:45
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Nel gennaio 2022 il casinò ha riaperto. Che prospettive può avere oggi una casa da gioco, in un’epoca in cui il gioco d’azzardo online domina il mercato?
È una sfida enorme, che il casinò di Campione affronta già da anni, anche per la concorrenza dei casinò ticinesi. Riaprire, seppur in forma ridimensionata, è stata forse l’unica soluzione per affrontare i problemi quotidiani e ripagare i debiti. Ma a lungo termine, temo che non ci sia un vero futuro, anche perché si continua a puntare tutto sul casinò, senza alternative. Forse mancano anche le risorse per pensare a qualcosa di diverso. Al momento, oltre al casinò, non vedo molte prospettive positive.
Gli abitanti di Campione hanno, se così si può dire, imparato la lezione?
Sinceramente, non lo so. Il film si conclude con la riapertura del casinò, mostrando che i campionesi credono ancora in questa istituzione, anche se con più scetticismo rispetto al passato. Il casinò fa parte del loro DNA: immaginare Campione senza casinò è impossibile per loro. La felicità dopo la riapertura è stata grande, ma resta da vedere se porterà davvero la fortuna che tutti sperano.
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