Cinema

Amores Perros è ancora rivoluzionario dopo 25 anni

Alejandro González Iñárritu racconta il suo film d’esordio, attraverso una mostra alla Fondazione Prada di Milano, vistabile fino al 26 febbraio 2026

  • Oggi, 15:58
  • 29 minuti fa
alejandro-g-inarritu-sueno perro.jpg

Alejandro G. Iñárritu, Milano, 2025

  • Marta Marinotti - courtesy Fondazione Prada
Di: Laura Daverio 
Ci sono voluti sette anni per arrivare fin qui. È stato un processo lungo, e in realtà non c’è mai stato un piano preciso. È stato più un percorso di esplorazione, sperimentazione, l’entusiasmo di scoprire se ci fosse qualcosa da trovare, senza un obiettivo preciso, né una narrazione o un fine intellettuale. Era più che altro il desiderio di scoprire cosa si nascondesse all’interno di un film che ho realizzato 25 anni fa

Con queste parole Alejandro González Iñárritu, in piedi, a un passo dalla prima porta che conduce alla sua installazione, racconta il processo che ha portato alla creazione dell’opera Sueño Perro, appena inaugurata alla Fondazione Prada, dove sarà visitabile fino al 26 febbraio.

Sono passati 25 anni dall’uscita della sua opera prima Amores Perros, che ha segnato una svolta nel cinema messicano contemporaneo. Diretto da Alejandro G. Iñárritu e scritto da Guillermo Arriaga, il film ha introdotto un nuovo linguaggio cinematografico: narrativamente frammentato, emotivamente violento, profondamente radicato nella realtà di Città del Messico, ma capace di andare oltre ogni confine geografico.

Le tre storie, quella di Octavio, un ragazzo intrappolato in un ambiente criminale che cerca una via di fuga attraverso un amore non corrisposto; quella di Valeria, una modella che, appena raggiunto il successo, vede i suoi sogni andare in frantumi; e quella di El Chivo, un sicario in cerca redenzione, che sogna di ricostruire il rapporto con la figlia che aveva abbandonato – ruotano tutte attorno a un incidente d’auto, che rappresenta il fulcro emotivo e narrativo del film. Questo evento non è solo un espediente narrativo, nasce da un’esperienza vissuta da Arriaga nel 1985, quando perse parzialmente la memoria. Da quella frattura prende forma una riflessione sul tempo, sul destino e sul dolore. Il filo conduttore è la presenza costante dei cani, simbolo dei destini e delle lotte e dei destini dei personaggi.

Amores Perros_Alejandro G. Iñárritu.jpg

Immagine da Amores Perros (2000) di Alejandro G. Iñárritu, 2000

  • Courtesy Rodrigo Prieto. © Alta Vista Films.

Fin dall’inizio, il film impone un linguaggio visivo crudo e diretto: una macchina in fuga, un cane ferito, il caos urbano sullo sfondo. Formatosi nel mondo della radio e della pubblicità, Iñárritu sviluppa uno stile viscerale fatto di regia dinamica, montaggio serrato, camera a mano, luci naturali. Ed è proprio questa esperienza sensoriale che viene ricreata nel percorso dell’installazione: sei sale buie illuminate da schermi che proiettano scene tagliate dal montaggio finale del film, grazie a rari proiettori analogici che fanno girare pellicole a 35 millimetri.

«Nel 2018 ho appreso che la pellicola del film, che abbiamo girato in 35mm, era stata preservata. Abbiamo realizzato questo film con pochissimi soldi. È costato circa 2 milioni di dollari, che all’epoca erano una cifra enorme in Messico. Ricordo di non essermi fatto pagare nulla per il mio lavoro. Ho girato moltissimo materiale: abbiamo utilizzato [l’equivalente] 350 km di pellicola. Tutti i miei soldi sono finiti lì. Alla fine, il montaggio definitivo del film dura due ore e 37 minuti. Per darti un’idea della quantità di materiale usato, il film ha utilizzato circa [l’equivalente] di 4,5 Km».

Questo materiale escluso dal film originale è stato riscoperto e riportato alla luce. Attraversare le sale significa immergersi in un’esperienza visiva e sonora, dove le sequenze proiettate non seguono alcun ordine prestabilito, né cronologico né tematico, e si susseguono come in un sogno, un “Mosaico di Storie”, come l’ha definito Iñárritu, da interpretare liberamente. I rumori dei proiettori si mescolano ai suoni urbani, creando un ambiente immersivo dove lo spettatore è invitato a lasciarsi andare, come in un sogno. I dettagli della recitazione emergono con forza, ogni scena è un frammento a sé, parte del lungo processo che ha condotto al risultato finale. Dietro le quinte, si scopre anche come sono state girate le cruente scene di combattimenti tra cani, con sangue finto e museruole, invisibili in post-produzione grazie a un abile lavoro di montaggio.

Amores Perros.jpg

Amores Perros, 2000

  • IMAGO / Album

«Nell’epoca in cui viviamo, dove tutto è digitale e fatto di pixel, ha disumanizzato la maniera di vedere il mondo. Il 35 millimetri è molto più vicino a noi. La pellicola stampata e i proiettori sono più vicini al modo in cui vediamo e viviamo la vita. Penso che per le giovani generazioni sia importante vedere queste macchine, questi esseri straordinari che proiettano la luce, così come il cinema è stato inventato. È incredibilmente bello, e c’è qualcosa che vorrei che le persone potessero sentire, proprio attraverso la sua fisicità».

Presentato alla Settimana della Critica di Cannes, Amores Perros fu accolto come una rivoluzione. Candidato all’Oscar per il miglior film straniero e acclamato dalla critica. Il film ha ridisegnato i confini del cinema messicano, aprendo la strada a una nuova generazione di autori latinoamericani. Il successo mondiale del film ha anche lanciato carriere internazionali tra cui quella di Gael García Bernal. Iñárritu da allora ha collezionato successi con 21 grammi, Babel, Biutiful, Birdman e The Revenant, vincendo cinque premi Oscar, di cui due consecutivi alla miglior regia. Oggi è uno dei registi più influenti del cinema globale.

12 - Fondazione Prada_Sueno Perro.jpeg

Immagine della mostra “Sueño Perro: Instalación Celuloide de Alejandro G. Iñárritu”

  • DSL Studio – Delfino Sisto Legnani e Melania Dalle Grave

«Penso che, quando si invecchia, come nel mio caso, la vita inizi a diventare una sorta di ciclo, cominciano a riemergere eventi che si ricominciano a rivisitare, e c’è una sensazione di distacco, una prospettiva che diventa separata dalla realtà fisica. In quello spazio, che sembra onirico, inizi a essere più interessato a sviluppare cose che non sono necessariamente vere, ma che per me sono realtà, in un certo senso. Nei mie ultimi film sono stato molto più interessato a esplorarlo.

È stato molto impressionante rendermi conto che questo film l’ho fatto 25 anni fa, mi sono detto “Aspetta un momento … sono molto vecchio!”. Ed è per questo che ho messo la parola Sueño (Sogno), perché la persona che ha realizzato quel film non esiste più.
Mi piacciono ancora l’avventura, il rischio, la curiosità… ma quell’energia che c’era allora, non la riconosco più. Perfino il linguaggio cinematografico è cambiato.
Non sto rivisitando il mio film, questo è qualcosa di nuovo che nasce da esso. E questo è il modo in cui mi sento: come se stessi cercando di combattere contro il passato, perché il passato può inghiottirti, è un fantasma, ed è pericoloso».

5 - Yolanda Andrade Messico 1998.jpg

"Los Observadores", fotografia di Yolanda Andrade, 1998

  • Yolanda Andrade

Accanto all’installazione, la Fondazione Prada presenta una mostra fotografica curata dal giornalista e scrittore Juan Villoro, Mexico 2000: The Moment that Exploded, (Messico 2000: Il Momento dell’Esplosione). La mostra racconta il Messico dell’anno 2000, lo stesso in cui Amores Perros usciva nelle sale, aggiungendo profondità ai temi e alle atmosfere evocate dal film. È un Paese che si apre alla democrazia dopo 71 anni di dominio dello stesso partito, ma senza riuscire a risolvere le proprie contraddizioni. L’esposizione, composta da fotografie, articoli e copertine dell’epoca, accompagnata da un’audioguida, documenta una città in ebollizione, dove la bellezza convive con tensioni politiche e sociali, tra violenza e disuguaglianza. In quell’anno si stimò che il numero di persone in condizione di povertà in America Latina era di 200 milioni, un quarto di loro si trovava in Messico.

Si scoprono così immagini dei ribelli zapatisti in marcia verso la capitale, la copertina di una rivista dedicata al magnate messicano Carlos Slim, che nel 2010 diventerà l’uomo più ricco del mondo, fotografie della Santa Muerte, protettrice dei criminali, scene di incidenti stradali, che in quell’anno furono 24 al giorno e, naturalmente, i cani. Nel 2000 a Città del Messico si contavano 3 milioni di cani e le lotte canine erano legali.

Così come le contraddizioni della storia sono ancora presenti oggi, anche il film mantiene una sorprendente attualità. Alla domanda su come lo girerebbe oggi per conservarne l’autenticità, Iñárritu risponde: «I temi del film sono atemporali, continuano a sussistere. Quello che i personaggi vivono sono emozioni e circostanze molto primitive, che esistono ancora e continueranno ad esistere per sempre, perché sono emozioni umane profonde. Il film parla di paternità, tradimento, disparità, utopia. Quindi quello che voglio dire è che le stesse cose che si riflettono nel film continuino ad esistere in Messico, oggi addirittura con una maggiore intensità».

Correlati

Ti potrebbe interessare