In competizione alla Mostra del Cinema di Venezia, quest’anno i film italiani – da La grazia a Elisa – raccontano il Paese con partecipazione e apertura verso il mondo
Non sappiamo chi si porterà a casa il Leone d’Oro e gli altri riconoscimenti, sappiamo però che quest’anno la Mostra del Cinema di Venezia ha presentato film importanti, ben fatti, pensati per tutti i tipi di pubblico. Anche i titoli italiani del concorso principale non si sottraggono a questa equazione.
82esima Mostra del Cinema di Venezia
Alphaville 01.09.2025, 11:05
Contenuto audio
All’apertura splendida con un Paolo Sorrentino convincente hanno fatto seguito: Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi; Duse di Pietro Marcello; Elisa di Leonardo Di Costanzo. Un film fatto per Bene, il film di Franco Maresco, è l’ultimo titolo che verrà mostrato.
Sotto le nuvole: Napoli, senza retorica
Gianfranco Rosi ritorna a Venezia dopo essersi portato a casa il Leone d’Oro con Sacro GRA nel 2012. In un bianco e nero pulito racconta la città cartina di tornasole delle sorti del mondo: Napoli.
Vediamo il Vesuvio, i tentacoli delle aree extraurbane, il Museo Nazionale di Archeologia, la centrale dei Vigili del Fuoco, le navi che dall’Ucraina arrivano in porto cariche di grano, gli scavi archeologici giapponesi e un doposcuola gestito da un negoziante di anticaglie. In Sotto le nuvole non c’è retorica, nessuno stereotipo, l’abbandono integrale dei luoghi comuni che accompagnano spesso la città campana. Il lavoro di Rosi è di un rigore impressionante, e incanta per la coerenza con le precedenti opere del regista: il suo cinema documentario è diventato, nel tempo, un flusso narrativo coinvolgente ed emozionante.
Duse, il racconto di un’epoca drammatica e scellerata
Duse di Pietro Marcello con un linguaggio riconoscibile (il regista di Martin Eden resta sempre fedele a sé stesso, nonostante la volontà di misurarsi con un soggetto molto diverso dal protagonista del romanzo di Jack London) restituisce gli ultimi anni di vita della grande attrice.
La Divina, dopo la Prima Guerra Mondiale e l’ascesa del Fascismo, ritorna a calcare le scene. Deve affrontare ostacoli economici, incomprensioni con la figlia tanto amata e tanto distante dal suo mondo, problemi con i registi e i giovani attori della compagnia. Nulla però può distoglierla dall’unico spazio di libertà e realizzazione: il teatro.
Speciale Mostra del cinema di Venezia
Alphaville 03.09.2025, 11:45
Contenuto audio
Il ruolo della Duse è stato affidato a Valeria Bruni Tedeschi, fortemente voluta dal regista, e la scelta non poteva essere più convincente: l’attrice riesce a rievocare l’anima indomita di una protagonista dei suoi tempi, una donna che ha saputo rivoluzionare i canoni della recitazione ottocentesca gettando le basi di quelli che sarebbero diventati i modelli studiati e canonizzati da Lee Strasberg.
Duse non è un film che strizza l’occhio ai biopic, è la ricostruzione di un’epoca drammatica e scellerata, attraverso la personalità di una donna forte che ha saputo affermare sé stessa in un mondo caratterizzato – all’epoca sì! – da una mascolinità tossica.
Elisa: noi e il male
Ancora una donna al centro di Elisa di Leonardo Di Costanzo: coprodotta anche da Amka Film e RSI, la pellicola è un’analisi rigorosa dei meccanismi del male. Seguiamo infatti il percorso di dialogo e consapevolezza intrapreso dalla protagonista, Elisa Zanetti, rea confessa dell’omicidio di sua sorella. Elisa, dopo dieci anni di carcere, sceglie di vedere regolarmente un criminologo, e di iniziare a dipanare i fili di una vita fatta di rimorsi, senso di colpa frustrazione e rabbia: si è sempre sentita rifiutata dalla madre, non è riuscita a crearsi una vita indipendente, è fallita sul piano professionale.
Il nuovo film del regista di Ariaferma, fuori concorso qui al Lido nel 2021, ha preso le mosse dal libro Io volevo ucciderla, una raccolta di saggi e conversazioni dei criminologi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali. Nel ruolo di Elisa una convincente Barbara Ronchi, in quello del criminologo l’attore francese Roschdy Zem.
Il tema trattato non è facile da raccontare: i personaggi non suscitano empatia, ma destabilizzano e respingono. Non solo nel caso della colpevole, ma anche in quello del criminologo, che si ostina a cercare risposte dove sembra esserci soltanto insensatezza. È però proprio questo il fine ultimo del film: non chiudere gli occhi e non allontanarsi dal male, perché la linea che separa le nostre ordinate esistenze da quelle di coloro che chiamiamo criminali è molto più sottile di quello che pensiamo.

Dal festival di Venezia
Prima Ora 04.09.2025, 18:00