Oltretevere

«Disarmata», così Leone vuole la pace dopo Francesco

Ritorna un’espressione farina del sacco del nuovo Papa. «Disarmare le parole per disarmare la terra», dice ai giornalisti mentre pensa al primo viaggio a Nicea

  • 13 maggio, 05:44
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  • Keystone
Di: Paolo Rodari 

Anche se Francesco si era lasciato andare a parlare delle responsabilità occidentali per lo scoppio del conflitto in Ucraina - «l’abbaiare della Nato ai confini», fu l’espressione che usò -, la sua linea non è diversa da quella di Papa Leone. Che parla – così ieri in un’udienza in Vaticano coi giornalisti – della necessità di «disarmare le parole per disarmare la terra», confermando anche lui di non voler salire sul carro di coloro che in Europa chiedono a gran voce il riarmo.

Disarmare, è questa l’espressione su cui Leone torna fin dall’inizio del suo pontificato. «Pace disarmata e disarmante», disse subito dopo l’elezione al soglio di Pietro, un’espressione tutta farina del suo sacco e che, tuttavia, si inserisce nella linea diplomatica propria dei suoi predecessori, da Giovanni Paolo a Francesco. Per questo, con ogni probabilità, non andrà subito in Ucraina come ieri il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, gli ha chiesto al telefono. Come Bergoglio, anche Prevost sa che per andare in Ucraina ci deve essere la pace. Le preoccupazioni della Santa Sede e le sue, fra l’altro, sono solo per le vittime: il popolo ucraino anzitutto, ma anche i prigionieri di guerra, in Ucraina come in Medio Oriente, e ancora il popolo palestinese al di là di Hamas e di Israele.

Se la linea della diplomazia pontificia è la stessa oggi di quando c’era Francesco, diverso è lo stile fra i due Papi. Il primo, a differenza del secondo, non sta dimostrando di voler parlare oltre i testi che la Segreteria di stato gli prepara e sui quali lui inserisce le sue aggiunte. Difficilmente papa Prevost si lascia andare a parlare a braccio, come amava fare Francesco, che nell’abbaiare della Nato e nella risposta alla RSI sulla bandiera bianca provocò qualche mal di pancia dentro e fuori le Mura Leonine.

La telefonata di ieri fra Leone e Zelensky dice comunque che la Santa Sede segue la tregua e auspica un negoziato. Zelensky, dopo un video in cui Prevost da cardinale diceva che la Russia è l’aggressore, vorrebbe il Papa dalla sua. Ma senz’altro Leone manterrà il suo equilibrio. E quanto al viaggio, il primo che farà sarà con ogni probabilità non in Ucraina ma a Nicea, luogo del primo Concilio Ecumenico di cui nel 2025 ricorre il 1700° anniversario. Era stato organizzato da Francesco. «Lo stiamo preparando», ha detto ieri il Papa che partirebbe assieme al patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. Il che significa tornare con la memoria al momento di preghiera nei Giardini Vaticani che Francesco fece nel 2014 con lo stesso Bartolomeo, con il patriarca greco ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III, con l’allora presidente dello Stato d’Israele, Shimon Peres, e con il presidente dello Stato di Palestina, Abu Mazen. Invocarono la pace in Terra Santa, in Medio Oriente e in tutto il mondo. L’intento del primo viaggio di Leone, di fatto, sarebbe il medesimo.

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