Tecnologia e guerra

Dalla Silicon Valley al Pentagono: il dilemma etico dell’intelligenza artificiale

La collaborazione tra big tech e esercito USA solleva interrogativi morali e politici. L’opinione del sociologo Marco D’Eramo e del professore di filosofia morale Matteo Galletti

  • Un'ora fa
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Il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Randy A. George, presta giuramento d'ufficio a quattro nuovi tenenti colonnelli dell'esercito americano del Distaccamento 201

  • U.S. Army photo by Leroy Council
Di: Alphaville/EB 

All’inizio dell’estate, nella base militare di Arlington, un gruppo di ingegneri e dirigenti delle principali aziende tecnologiche americane ha giurato fedeltà all’esercito degli Stati Uniti, ricevendo il grado di tenente colonnello. Tra loro, il direttore tecnico di Meta e l’ex responsabile della ricerca di OpenAI. Il loro ingresso nel programma sperimentale “Distaccamento 201” segna un cambio di passo nella collaborazione tra Silicon Valley e Pentagono: 120 ore l’anno come riservisti, con funzioni di consulenza strategica su intelligenza artificiale, cybersicurezza e automazione.

Un gesto simbolico, ma anche profondamente politico, che apre interrogativi etici e morali. Ne hanno discusso ad Alphaville il sociologo, giornalista e scrittore Marco D’Eramo, per anni inviato negli Stati Uniti, e il professore associato di Filosofia Morale Matteo Galletti, docente all’Università di Firenze, esperto di etica e responsabilità delle macchine.

«Pensare che queste tecnologie siano mai state libere da preoccupazioni di difesa è pura ingenuità», ha affermato D’Eramo. «Sono tecnologie duali, come lo è stato il telefono o la radio. E le imprese statunitensi sono state aiutate selvaggiamente dallo Stato, dalla CIA, dal DARPA. Google, per esempio, ha ricevuto fondi dalla ricerca militare».

Il legame tra big tech e apparato militare non è nuovo, ma oggi si mostra senza più reticenze. «Abbiamo commesso errori di prospettiva», continua D’Eramo. «Abbiamo pensato che il progresso tecnologico implicasse automaticamente un progresso politico e morale. Non è così. E confondiamo i liberali con la sinistra: uno può essere tranquillamente liberale e antistatalista, pur facendo affari con lo Stato».

Matteo Galletti sottolinea come la capacità di autoregolamentazione della ricerca scientifica sia sempre più debole: «Quando i valori morali si intrecciano con quelli economici, il bilanciamento tende a favorire i secondi. E questo porta a un arretramento rispetto a posizioni etiche conquistate in passato».

Il caso del Distaccamento 201 non è isolato. Già nel 2018, 3000 dipendenti di Google protestarono contro il coinvolgimento in un progetto militare, costringendo l’azienda a ritirarsi. Oggi, però, sembra che la filosofia della Silicon Valley sia cambiata. Galletti parla di ethics washing: «Molto spesso, i discorsi inclusivi e morali delle grandi aziende sono semplicemente operazioni di facciata, dettate dalla convenienza politica del momento».

D’Eramo amplia la riflessione al contesto geopolitico: «Le big tech sono state agenti della globalizzazione. Possiedono i cavi sottomarini attraverso cui passa il 95% delle comunicazioni mondiali. Pensare che siano estranee alla sicurezza nazionale americana è anche questo ingenuo. E ora, con la deglobalizzazione, si adattano al nuovo corso: erano governative con Biden, ora lo sono con Trump».

La competizione con la Cina è il nuovo fronte. Ma D’Eramo invita alla cautela: «Gli Stati Uniti hanno sempre ingigantito i pericoli. Negli anni ’80 era il Giappone, oggi è la Cina. Ma gli USA controllano terra, mare, cielo, spazio, comunicazioni, moneta, economia e cyberspazio. La Cina ha solo due basi militari all’estero. Il dollaro non è sostituibile. Il confronto è ancora sbilanciato».

21:25

Silicon Valley in divisa

Alphaville 08.09.2025, 12:05

  • Keystone
  • Mario Fabio

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