Saltillo, Messico — Il 26 agosto 2025, nel Santuario di Guadalupe, si è svolta una celebrazione eucaristica che ha scosso gli ambienti ecclesiastici e innescato un acceso dibattito. Monsignor José Raúl Vera López, vescovo emerito della diocesi di Saltillo, ha celebrato la Messa insieme alla reverenda anglicana Emilie Teresa Smith, che ha partecipato attivamente alla liturgia, pronunciando parti del Canone e compiendo l’elevazione del Calice.
La diocesi ha annunciato l’apertura di un’inchiesta e ha trasmesso il caso alla Santa Sede, in particolare al Dicastero per la Dottrina della Fede e al Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Ma al di là delle procedure canoniche, l’episodio ha riacceso il dibattito su ecumenismo, inclusività e confini liturgici.
Monsignor Vera, domenicano con una lunga storia di impegno sociale e pastorale, ha difeso con fermezza la celebrazione, affermando: «Non è stato un sacrilegio, ma una violazione della disciplina». Ha invitato a non cadere in una “caccia alle streghe”, sottolineando come il gesto fosse motivato da un sincero desiderio di fraternità cristiana.
La reverenda Smith, di origine argentina e cittadinanza canadese, è nota per il suo attivismo sociale e per il suo ruolo nel Service chrétien international de solidarité avec les peuples d’Amérique latine Óscar Romero (SICSAL), che co-presiede insieme a Mons. Vera. È coinvolta da anni in attività ecumeniche in America Latina, spesso in contesti interconfessionali e di impegno per i diritti umani.
Non è la prima volta che la sua presenza suscita reazioni. A marzo 2025, Smith è apparsa con paramenti liturgici durante una celebrazione dedicata a San Oscar Romero, nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza di San Salvador, generando polemiche tra i cattolici locali. Inoltre, nel 2018 ha contratto matrimonio civile con Patti Powell, altra figura attiva nel mondo anglicano, e pubblica regolarmente contenuti pro-LGBT sui suoi canali social, posizioni che hanno ulteriormente alimentato le critiche da parte di ambienti conservatori.
Le reazioni più dure sono arrivate proprio da questi ambienti, che parlano di “communicatio in sacris” e invocano sanzioni canoniche. Alcuni commentatori hanno definito l’episodio “scandaloso”, ignorando il contesto ecumenico e il valore simbolico del gesto. Ma per altri, il gesto di Saltillo rappresenta un passo coraggioso verso una Chiesa più aperta, capace di dialogare senza rinunciare alla propria identità.
La Santa Sede non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali. Secondo il diritto canonico, ogni eventuale provvedimento nei confronti di un vescovo è riservato al Papa. Ma al di là delle sanzioni, resta il messaggio: in un mondo frammentato, gesti di comunione come quello di Saltillo possono aprire strade nuove, anche se scomode.
Mons. Vera, noto per il suo impegno a favore dei migranti, dei poveri e delle minoranze, non ha mai temuto di sfidare le convenzioni. La celebrazione del 26 agosto si inserisce in questo percorso: non come provocazione, ma come testimonianza.
In tempi in cui la Chiesa è chiamata a essere ponte e non muro, il gesto di Saltillo merita di essere letto con occhi aperti. Non come una trasgressione, ma come una profezia.

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