Mistica

Il silenzio, nuova frontiera delle fedi

Come la meditazione sta trasformando la spiritualità e la ricerca interiore

  • Oggi, 14:00
379073268_highres.jpg
  • Keystone
Di: Rod 

Le religioni tradizionali stanno attraversando un periodo di grande trasformazione che sotto molti punti di vista può essere letto come crisi. Di numeri, anzitutto, ma anche di paradigma. La visione che per secoli hanno proposto, di fatto, risulta per molti sempre meno credibile. Non è un caso, infatti, se un recente studio del Pew Research Center metta nero su bianco come la crescita dei cosiddetti “non affiliati” - atei, agnostici, spirituali ma non religiosi - sia in corso. Oggi questo gruppo conta circa 1,9 miliardi di individui, un quarto della popolazione mondiale. Una fetta in costante aumento nel corso degli ultimi decenni e che sembra destinata a crescere ulteriormente.

Il cristianesimo, quanto a numeri di fedeli, vede un declino importante soprattutto in Europa e nel Nord America. Le chiese si svuotano e molte vengono chiuse o riconvertite. Gli scandali degli abusi sessuali commessi dal clero, ma anche quelli economici, hanno scalfito la fiducia di molti nell’istituzione stessa. Ed anche se si registra un’espansione in Africa e in Asia, questa è troppo spesso legata a movimenti pentecostali e carismatici che, in fin dei conti, poco hanno a che fare con l’autenticità del Vangelo.

Anche l’Islam non se la passa benissimo. In diversi Paesi subisce una continua strumentalizzazione per fini politici generando conflitti e divisioni. E seppure sia ancora oggi la religione con il tasso di crescita più alto al mondo, grazie soprattutto all’elevata natalità presente nei Paesi in cui è maggioranza, la sintesi resta comunque quella di un credo in bilico tra espansione demografica e crisi identitaria.

Neppure l’induismo è immune alle tensioni del presente. In India è sempre più intrecciato con l’identità nazionale, tanto che spesso dà vita a forme di nazionalismo religioso che influenzano profondamente sia la politica sia la società. Certo, resta una religione importante sul piano culturale, ma insieme esposta al rischio di strumentalizzazione ideologica.

Dal canto suo anche il buddhismo è in fase di transizione. In Asia orientale è in calo, mentre in Occidente cresce l’interesse per forme più laiche e meditative, quasi delle nuove filosofie che dello stesso buddhismo sembrano paradossalmente poter fare a meno. Certo, alcuni monaci promuovono una religiosità più attiva socialmente, ma in generale ad oggi rimane una religione in cerca di nuovi equilibri e il cui futuro è tutto da decifrare.

E così, in qualche misura, anche l’ebraismo, il quale in questo periodo storico è chiamato a risolvere crisi complesse. Nelle comunità della diaspora cresce il rischio di assimilazione e perdita di identità, mentre in Israele – tralasciando le conseguenze nel breve e lungo periodo del conflitto con Hamas - si accentuano le tensioni tra correnti ortodosse e riformate mentre una sintesi sembra di là da venire.

La ricerca di nuove vie

A tutto questo si aggiunge un dato di fatto da cui non si può prescindere. E cioè il fatto che sempre più giovani, non solo nel “vecchio” Occidente, dimostrano di voler uscire dagli schemi religiosi tradizionali, orientandosi verso una spiritualità più interiore, personale e svincolata dalle appartenenze istituzionali. Si tratta di una ricerca di senso che privilegia l’esperienza diretta, l’autenticità e il percorso individuale rispetto ai dogmi e alle strutture del passato. Certo, per alcuni questa nuova via appare come un rischio, persino una minaccia, perché scardina schemi consolidati e mette in discussione certezze antiche. Per altri, tuttavia, rappresenta una svolta profonda, e cioè un’occasione per crescere, per aprirsi a un orizzonte diverso e più autentico. E questo orizzonte, per molti, ha un nome che risuona con forza: silenzio.

Il silenzio come risposta

È nel silenzio che oggi tanti trovano una risposta alla sete di senso che li abita. Un silenzio inteso come spazio di ascolto interiore, come via per incontrare sé stessi prima ancora che Dio. O forse, per cercare un Dio che, nel rivelarsi, riveli anche l’uomo a sé stesso, donandogli significato, direzione, compimento. Il tutto, naturalmente, senza la necessità di mediatori esterni.

E del resto, paradossalmente, è proprio il silenzio a non essere estraneo alle religioni. Non esiste tradizione spirituale che non lo contempli, come pratica, come via, come spazio sacro. Che lo si chiami meditazione, contemplazione o preghiera silenziosa, il silenzio è da sempre una delle forme più profonde e universali di incontro con il divino.

Un libro sulla meditazione

È su questo tema che ragiona un libro necessario: “I cammini del silenzio. Un’introduzione alla meditazione nelle religioni” (edizioni Gabrielli). Curato dal monaco camaldolese Alex Bayer, dal presidente dell’Associazione “Mindfulness Project” Massimo Gusmano e dal docente di teologia Paolo Trianni, il volume - rifacendosi ad incontri tenutisi nel 2023 e nel 2024 nel monastero di Camaldoli - prova a offrire una introduzione alla meditazione in chiave interreligiosa, offrendo anche indicazioni pratiche. Perché, prescindendo dall’esperienza concreta, non è facile comprendere anche la visione metafisica o religiosa che sta dietro la meditazione. Del resto, come scriveva Lanza del Vasto in “Introduzione alla vita interiore” (Jaka Book) «non si impara a danzare da un libro».

Il dialogo interreligioso

Molto spesso il dialogo interreligioso ha subìto intoppi anche per differenze teologiche incolmabili. Eppure, il silenzio, e dunque la meditazione, seppure muovendo con tecniche e pratiche diverse, accomuna ogni credo – ed anche chi non crede – molto più di quanto si possa immaginare. Del resto, non è un caso se, guardando al mondo cristiano, si debbano registrare, proprio sul tema del silenzio e della meditazione, scambi con il mondo indiano già dai primi secoli. Come è noto, ancora, già la filosofia di Plotino, la quale è notoriamente corredata da una dimensione contemplativa che potrebbe essere stata dedotta dai misticismi asiatici, ha influenzato sia il cristianesimo sia alcune tradizioni sufi dell’Islam.

Incontri tra Oriente e Occidente

Ricordano i tre autori de “I cammini del silenzio” che «un primo vero incontro dialogico con le spiritualità delle altre religioni, la Chiesa lo ha vissuto in concomitanza con la stagione missionaria, nel cui quadro, a partire dal Cinque/Seicento, ci sono stati scambi proficui e mutue contaminazioni». Scrivono: «Già allora, infatti, sono nate spiritualità e teologie contestuali. Non sono pochi, d’altro canto, i missionari cristiani che, più di recente, hanno vissuto l’incontro con l’altro come un’occasione di rinnovamento e un’opportunità per ravvivare la spiritualità cristiana». In questi termini, ad esempio, si espresse il gesuita Pierre Teilhard de Chardin, che, «dopo aver trascorso due decenni in Cina, è stato tra i primi occidentali ad impegnarsi nel dialogo interreligioso e a sostenere che il contatto con la spiritualità orientale – di cui però evidenziava anche alcune problematicità –, poteva rinnovare quella cristiana». Così anche il trappista Thomas Merton, che ha svolto una lettura teologica della meditazione studiando prima la vacuità taoista e poi quella zen.

La meditazione come ponte

In sostanza, se la meditazione, e dunque il silenzio, è un fenomeno che si dispiega in un’area geografica che va dal bacino del Mediterraneo all’estremo Oriente, «è anche a motivo di relazioni culturali e religiose che ci sono sempre state, a prescindere dai conflitti dottrinari che pure non sono mai mancati». E ancora: «Questi contatti sono documentabili, e danno ulteriore legittimità ad un dialogo interreligioso che è già, di per sé, indispensabile».

27:10

Piante esotiche e meditazione (con audiodescrizione)

RSI Giardini straordinari 25.08.2025, 15:35

Correlati

Ti potrebbe interessare