Buddhismo

Reincarnazione, quali scenari aprono le ultime scoperte

Dalle memorie dei bambini alla fisica quantistica, le prove che rimodulano le fondamenta della realtà come la conosciamo - Dall’archivio della RSI alcune sedute di regressione condotte nel 1989 da Jan Sigdell

  • 50 minuti fa
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  • Keystone
Di: Guido Ferrari, giornalista, regista, autore per anni alla RSI

Quando vediamo bambini che suonano musica classica con sorprendente maestria, che risolvono complessi problemi matematici o quando proviamo un intenso senso di déjà vu, una domanda sorge spontanea: esistono vite precedenti? Alla nascita siamo davvero una tabula rasa o portiamo con noi tracce, tendenze e predisposizioni?

È un interrogativo antico. Le tradizioni spirituali orientali - e, in Occidente, Pitagora e Platone - rispondono positivamente. Il cristianesimo ha negato la reincarnazione nel Concilio di Costantinopoli del 553, affermando che la vita è unica e che la scelta morale decisiva si compie qui e ora. La ricerca scientifica contemporanea ha iniziato a esplorare questi temi con risultati che sorprendono.

Cosa rinasce?

Lo spunto di questo articolo viene da un testo recente che unisce tradizione buddhista e studi scientifici: Bhikkhu Anālayo, Sul rinascere: Buddhismo antico e studi contemporanei, Ubiliber 2023, con prefazione del XIV Dalai Lama.

Nel buddhismo non rinasce un “io” immutabile, ma un flusso di causalità: tendenze karmiche, impulsi, abitudini mentali e potenzialità che, al momento della morte, originano un nuovo continuum di esperienza. Non è quindi una persona a rinascere, ma un processo.

Il Buddha usava la metafora della candela che ne accende un’altra: la seconda fiamma dipende dalla prima, ma non è la stessa. Una metafora moderna sarebbe quella di un software che può essere riavviato su un altro dispositivo.

Questa visione implica che alcune informazioni si conservino oltre la morte biologica, indipendentemente dal cervello: una continuità informazionale che alcuni studiosi accostano alla coscienza quantistica.

Le ricerche di Ian Stevenson

Esistono dati a sostegno di questa ipotesi? Uno dei pionieri è Ian Stevenson, psichiatra dell’Università della Virginia, che ha studiato migliaia di bambini tra i 2 e i 7 anni che ricordavano spontaneamente vite precedenti. Stevenson ha verificato i loro racconti, escludendo frodi e riscontri casuali.

Scrisse: «Ho raccolto una serie di casi che suggeriscono la reincarnazione, che la spiegano meglio di qualsiasi altra ipotesi disponibile».

Per lui, l’ipotesi reincarnativa era la più convincente finché non ne emergessero altre più forti: un approccio rigorosamente scientifico.

Tra i casi più noti:

• Shanti Devi (India), 4 anni: ricordava nome, villaggio, marito, figli e circostanze della sua morte precedente. Riconobbe persone, luoghi e oggetti mai visti prima.

• Cameron Mac Donald (Carolina del Sud): bambino di 3 anni, fuori da contesti orientali, che ricordava la vita di un uomo morto in un incidente d’auto, con dettagli poi confermati.

Stevenson documentò anche casi di bambini con segni di nascita corrispondenti alle ferite riportate nella vita precedente, confermate da cartelle cliniche e autopsie. Celebre il caso del bambino thailandese che ricordava di essere stato suo padre, morto da un colpo d’arma da fuoco: il suo segno di nascita coincideva con la ferita mortale.

Le ricerche di Ian Stevenson sono raccolte in:

• Reincarnazione. 20 casi a sostegno, Armenia, 2005

• Le prove della reincarnazione (sui segni di nascita), Armenia, 1999

Dopo la sua morte (2007), il testimone è passato a Jim Tucker, pure dell’università della Virginia, autore di Il bambino che visse due volte, Sperling, 2009 di Return to Life, 2015 e di Before: Children’s Memories of Previous Lives, 2021.

Meditazione, regressioni

Ci sono altre vie che toccano il tema della reincarnazione come la meditazione e le regressioni. Esse non soddisfano però la domanda sulla esistenza di prove reali, che rispettino i criteri scientifici rigorosi come le ricerche di Ian Stevenson e di Jim Tucker.

Lo scopo della meditazione è di liberare la persona dalla sofferenza, lasciando emergere emozioni, ricordi della presente vita e delle precedenti.

Il Buddha, secondo la tradizione, la notte dell’illuminazione in profonda meditazione ricordò molte vite precedenti. Aryasura: Le vite passate del Buddha, Ubaldini, 1985.

Lo scopo delle regressioni è pure di liberare la persona dalla sofferenza anche riconducibile a vite precedenti attraverso tecniche di rilassamento profondo, di respirazione, di visualizzazioni.

Sulle esperienze di regressione, un libro sempre valido è quello di Thorwald Dethlefsen: Vita dopo vita, Mediterranee, 1983. Grande diffusione hanno avuto i lavori del medico Brian Weiss - ad esempio Oltre le porte del tempo, Mondadori, 2021.

Attualità: la reincarnazione del Dalai Lama

Di recente il Dalai Lama ha dichiarato che non si reincarnerà in Cina, ma nella comunità tibetana in esilio. Il riconoscimento del nuovo Dalai Lama avverrà, come secondo la tradizione, tramite sue premonizioni e attraverso la ricerca di un bambino che sappia riconoscere oggetti appartenuti al Dalai Lama attuale: un metodo sorprendentemente simile ai casi studiati da Stevenson.

Perché si ritorna?

La reincarnazione sembra essere, nelle grandi spiritualità, un percorso graduale verso la liberazione dalla sofferenza. Ogni vita sarebbe un passo verso una maggiore consapevolezza, armonia e amore: il valore più alto al centro di tutte le tradizioni.

Poscritto

Nel 1989 realizzai per la TSI un documentario di 50 minuti sulla reincarnazione, intervistando Ian Stevenson, Thorwald Dethlefsen e il Dalai Lama, e filmando alcune sedute di regressione condotte da Jan Sigdell. Lo si può vedere nell’archivio della RSI. Da allora non sono emerse nuove scoperte sul tema.

Si è invece sviluppata la ricerca scientifica sulla coscienza: non più considerata legata al cervello, ma come un campo di informazione globale in cui tutto fluisce e si conserva. Sarebbe questa “coscienza quantistica” a consentire una continuità informazionale da una vita all’altra.

Ricercatori che hanno scritto sul tema sono in particolare Amit Goswami (Guida quantica all’illuminazione. L’integrazione tra scienza e coscienza, Mediterranee, 2007) e Ervin Laszlo (La scienza e il piano akashico, Feltrinelli 2020).

Per riferirci all’attualità, Federico Faggin autore de “L’irriducibile” ha scritto: «La coscienza esiste prima della materia, è un fenomeno puramente quantistico che non può cessare di esistere con la morte del corpo, perché esiste in una realtà molto più vasta della realtà fisica classica». Dopo la morte, ha detto Faggin in alcune interviste, la coscienza sopravviverebbe e potrebbe rinascere in un nuovo corpo. È la continuità informazionale.

Va detto che Ian Stevenson e il suo successore Jim Tucker, pur non parlando di “coscienza quantistica”, dicono che la coscienza potrebbe essere una forma di informazione che non dipende interamente dal cervello: propongono dunque un’idea generale simile.

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