Società

Gandhi

Il profeta della nonviolenza alla costante ricerca della verità

  • 2 ottobre 2023, 07:00
  • 2 ottobre 2023, 09:27
Mahatma Gandhi
Di: Andrea Sala

Il 2 ottobre 1869 nasceva a Portbandar, in una famiglia benestante indiana, Mohandas Karamchard Gandhi. Detto il Mahatma, ovvero “Grande Anima”, appellativo attribuitogli dal celebre poeta bengalese Rabindranath Tagore, Gandhi è stato sicuramente uno dei personaggi più influenti del suo tempo. Come testimonia il titolo della sua autobiografia, La storia dei miei esperimenti con la verità, il filo conduttore della sua vita è stato la ricerca della verità e, in particolare, della sua manifestazione principale, la pratica della nonviolenza.

Dio non è la Verità, ma la Verità è Dio. La nonviolenza non è un vestito che possiamo mettere e togliere quando ci pare. Essa abita nel cuore, e deve essere una parte inscindibile del nostro essere.

Per poter cercare di comprendere il pensiero di Gandhi è necessario adottare un approccio olistico, che tenga in considerazione la complessità e la ricchezza intrinseca del reale. Non è infatti possibile scindere la dimensione politica e sociale da quella religiosa e morale del pensiero gandhiano. Ne è la prova il fatto che Gandhi abbia smentito la tesi formulata da Max Weber, secondo la quale “chi anela alla salute della propria anima e alla salvezza di quella degli altri, non le cerca attraverso la politica, la quale si pone compiti del tutto diversi e tali che possono essere risolti soltanto con la violenza”. Benché questa tesi sia profondamente radicata nella società occidentale, Gandhi ha dimostrato di poter rinunciare all’uso della violenza pur impegnandosi in prima linea in politica, alimentando il suo impegno grazie alla sua passione religiosa.

In questo senso, come ben affermato da Giuliano Pontara, uno dei massimi esperti del pensiero di Gandhi, la passione religiosa del Mahatma si concretizza e si rivela completamente nel rispetto di ciò che egli stesso definisce la “Verità” o “Dio”. Se da un lato il rispetto per la “Verità” si traduce nell’assiduo e costante impegno volto a valutare e a comprendere in maniera imparziale, in una situazione di conflitto, le ragioni della controparte, opponendo eventualmente ad esse altre ragioni nella speranza di generare un dialogo dal quale possa emergere una verità accettata e condivisa da tutte le parti in causa, dall’altra il rispetto di “Dio”, inteso come unità di tutta la vita che pulsa nell’universo, è racchiuso in un semplice quanto tortuoso esercizio d’amore, ovvero quello di riuscire ad amare perfino il più infimo degli esseri viventi.

Il pensiero del Mahatma Gandhi

RSI Dossier 02.10.2019, 08:37

  • © Keystone

Secondo Gandhi, la ricerca della verità non può essere perseguita con le armi, in quanto la violenza annebbia tale obiettivo. Anche di fronte a coloro che per interessi personali o privilegi illegittimi non sono disposti ad ascoltare le ragioni altrui, l’unica possibilità di opposizione è la resistenza nonviolenta. La parola “nonviolenza” deriva dal sanscrito ahimsa, che significa “non nuocere”, termine che nella dottrina induista indica un concetto più esteso dell’assenza di violenza. Ricorrere alla nonviolenza non è sintomo di mancanza di forza, bensì un’azione coraggiosa che scaturisce dalla forza dello spirito.

La resistenza nonviolenta ha infatti ben poco da spartire con la cosiddetta resistenza passiva. Per questa ragione, Gandhi decide di coniare il neologismo Satyagraha, una teoria etico-politica che significa letteralmente “forza della verità”, grazie alla quale rivoluziona il concetto stesso di rivoluzione, sostituendo per esempio la guerriglia e il brigantaggio con la disobbedienza civile e il boicottaggio delle merci estere.

Il Mahatma ritiene infatti lecito non obbedire a leggi considerate ingiuste. Tuttavia, esorta i trasgressori ad assumersi le proprie responsabilità e a scontare le pene previste per i reati commessi. L’esempio più eclatante, che ha consacrato a livello mediatico la Satyagraha, tramite la ahimsa, è la Marcia del Sale. In risposta alla tassa inglese sul sale, che colpiva gli strati sociali più poveri dell’India, ai quali era proibito di vendere il prodotto sui mercati, Gandhi organizzò e guidò quella che resterà una delle proteste più celebri della storia. Dal 12 marzo al 5 aprile 1930, il Mahatma percorse a piedi più di 300 chilometri, da Ahmedabad a Dandi, sulla costa di Gujarat, e portò la protesta pacifica nelle saline, presidiate dalla polizia inglese. Migliaia di persone subirono le percosse della polizia, senza mai reagire e senza mai indietreggiare. Di fronte a quella moltitudine di gente determinata e irremovibile, gli agenti di polizia non solo rimasero sconvolti, ma affermarono in seguito di aver provato una sensazione d’impotenza indescrivibile, che non fu minimamente appagata dall’incarcerazione di Gandhi e di più di 60'000 dei suoi compagni.

Gandhi e la non violenza

RSI Dossier 02.10.2019, 08:27

In questo senso il pensiero gandhiano è antitetico rispetto a quello machiavellico, in quanto secondo il Mahatma il fine non giustifica i mezzi: mai mezzi violenti produrranno fini buoni e mai mezzi violenti porteranno alla Verità. La ricerca della verità non prevede scorciatoie. Chi vuole scorgere la Verità non può permettersi di estraniarsi da nessuna attività umana. Religione, moralità, impegno sociale e politico sono dunque assolutamente inscindibili in Gandhi, poiché in ciascuna di queste dimensioni si rivela uno dei volti della Verità, che è nonviolenza, il dharma, o “legge cosmica”, che si esprime in tutte le religioni. A questo proposito, Gandhi afferma che “le religioni sono strade diverse che convengono nello stesso punto”. Tutte le religioni sono valide, purché vissute nella ricerca della verità. Da questa convinzione trae origine il suo costante sforzo volto a far superare agli indiani le loro divisioni interne, come l’ostilità fra hindu e musulmani, e il sogno di un’India indipendente e unita. Proprio la volontà di unire è stata infatti l'inestinguibile preoccupazione del Mahatma, nonché il fine ultimo della Satyagraha. Una preoccupazione e una missione adempiuta con incredibile dedizione e costanza fino alla fine dei suoi giorni.

Ti potrebbe interessare