Si dibatte molto su quanto vicino o lontano possa essere l’Iran dal riuscire a dotarsi di armi nucleari. Ma quali sono gli strumenti che la comunità internazionale si è data per monitorare e limitare il proliferare di armi nucleari, e quale la loro efficacia? Ad Alphaville, su Rete Due, ne ha parlato Piero Graglia, storico e Professore ordinario di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano.
Quasi tutti, ormai, conoscono l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), creata negli anni ‘50 del Novecento con lo scopo di promuovere l’utilizzo pacifico dell’energia nucleare e di impedirne l’utilizzo per scopi militari, incluso l’utilizzo per lo sviluppo di armamenti nucleari. Ma quali sono i suoi mezzi di controllo e come funziona nel concreto?
«L’AIEA è figlia di una decisione degli anni ‘50 del Presidente Eisenhower che, proprio per evitare che ci fossero sviluppi incontrollati dell’arma atomica, istituì nell’ambito dell’ONU questa agenzia specializzata, che ha il potere di controllo e potere di investigazione nei Paesi che aderiscono all’ONU, ma non solo. Successivamente si è legata all’attività del Trattato di non proliferazione: l’AIEA può mettere il naso negli affari nucleari civili e militari di quei Paesi che hanno aderito a questo trattato. Al momento, la Corea del Nord si è ritirata dall’accordo, mentre India, Israele, Pakistan e Sudan non hanno mai aderito. Tranne il Sudan, questi Stati hanno capacità nucleare e nessuno della comunità conosce i loro progetti dal punto di vista del nucleare. L’AIEA mostra i suoi limiti quando gli Stati non ne riconoscono l’autorità, mentre quando questa è riconosciuta è uno strumento molto efficace, come lo è stata nel caso dell’Iran».
Piero Graglia, storico e Professore ordinario di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano
Tra i Paesi che non hanno firmato il Trattato di non proliferazione nucleare c’è Israele, che dunque non può essere sottoposto ai controlli dell’AIEA. Cosa sappiamo dell’arsenale israeliano oggi?
«Sappiamo veramente poco. Sappiamo che sono una potenza ipotetica molto importante. I dati non sono verificabili, ma Israele ha sempre detto che non sarà lui ad introdurre l’arma nucleare in Medio Oriente, ma questa cosa è effettivamente successa. Siamo nelle mani della volontà politica di uno Stato. Il fatto che ci siano delle entità statali non sottoposte ad un controllo internazionale è sicuramente pericoloso».
Piero Graglia, storico e Professore ordinario di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano
Preoccupa molto il rifiuto di ogni controllo da parte di alcuni Stati. Emergono quindi due pesi e due misure sul monitoraggio nucleare, per esempio, tra Iran e Israele. Quali sono gli scopi di quest’ambiguità? E quali rischi?
«L’ambiguità è dovuta al fatto per cui se non accetto l’autorità come agenzia di controllo, posso fare come Stato quello che voglio. Il sistema internazionale è fondamentalmente anarchico: non è basato sulla forza bruta, bensì sulla libertà di non sottoscrivere un accordo. Il nostro sistema non è come la vita all’interno di uno Stato in cui il cittadino se viola la legge viene arrestato e poi giudicato. Il sistema internazionale fondato su singoli gli Stati che fanno essenzialmente quello che vogliono. Questo lo dice la scienza politica, ma anche il diritto internazionale. Quindi è tutto basato su sistemi di controllo che vengono volontariamente accettati. Se uno Stato non accetta un sistema di controllo, fa effettivamente ciò che vuole. Ed è molto pericoloso».
Piero Graglia, storico e Professore ordinario di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano

L’ambiguità strategica nucleare
Alphaville 23.06.2025, 11:30
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