Letteratura

La coscienza nera di Cuba

Juan Pedro Gutiérrez e la sua trilogia sporca

  • 14 ottobre 2022, 09:33
  • 14 settembre 2023, 09:20
Gutiérrez
Di: Marco Alloni   

Nella scheda biografica che l’editore E/O riporta nella pagina dedicata allo scrittore cubano Juan Pedro Gutierrez si legge: “Pedro Juan Gutiérrez (Matanzas, Cuba, 1950) ha lavorato come strillone e venditore di gelati fin dall’età di undici anni. Poi è stato soldato (zappatore) per quasi cinque anni. Istruttore di nuoto e di kayak. Raccoglitore di canna da zucchero e bracciante dal 1966 al 1970. Tecnico delle costruzioni. Professore di disegno. Assistente alla regia e autore di documentari. Giornalista e speaker radio-televisivo. Negoziante di libri e riviste usate. Giornalista in agenzie stampa e riviste. Professore universitario. Scultore e poeta visual-sperimentale. Attore e animatore in radio e televisioni. Viaggiatore instancabile. Poeta e narratore”.

In questa nota c’è tutto quel che serve per inquadrare il personaggio e accostarsi al suo capolavoro, Trilogia sporca dell’Avana, che E/O ha riproposto di recente nella sua versione completa di oltre 400 pagine. Se in molti casi la precarietà e la versatilità di uno scrittore non sono condizioni decisive per decidere della sua autenticità, nel caso di Gutiérrez sono un vero e proprio atout, poiché ci proiettano nel segreto della sua prosa: l’autobiografismo a tutto tondo. Il tema centrale dell’opera di Gutiérrez è infatti la sua vita, e l’orizzonte sociale e urbano che prende corpo attraverso la sua esposizione tragicomica è Cuba e la sua capitale: la torbida, incontenibile, sensuale, malata e imperdonabile Avana.

Chi è stato a Cuba anche solo per un breve periodo riconosce subito che lo scrittore per antonomasia dell’isola caraibica è Gutiérrez: non tanto perché altri autori di pregio, a partire da Julio Cortàzar, non abbiano saputo darne una rappresentazione altrettanto convincente, ma perché in Gutiérrez Cuba, e l’Avana in particolare, emergono plasticamente dal suo stesso linguaggio, talmente impietoso, immediato e rissoso da richiamare una sorta di j’accuse in forma letteraria. Nessun politicismo, nessuna concessione alla speculazione filosofica, nessun cedimento all’astrazione o al “poetichese”, ma una prosa così asciutta e tagliente, nella sua paratassi al limite del singhiozzo, da suggerire una sorta di sintesi impossibile tra realismo ed espressionismo.

Niente di meno realistico della sua vita personale è infatti calato nelle pagine, e niente di meno realistico dell’indomita, crudele, spietata e carnale vita cubana trasuda dalla sua prosa guerriera. Ma in pari tempo una voluttà espressionistica di caricare al massimo grado la narrazione di violenza e pathos esaltano i suoi racconti come delle specie di cartoline dall’abisso del disagio e dell’egotismo.

In Gutiérrez, in effetti, soprattutto in quel suo mercuriale Trilogia sporca dell’Avana, tutto ruota intorno all’autobiografismo più serrato, che non a caso non finge nemmeno un minimo di distacco e si presenta al lettore in forma immediatamente memoriale: lo stesso protagonista si chiama, senza infingimenti, Juan Pedro. E nulla di quanto accade nella “sporca”, carnascialesca e depressa Avana ha alcunché di oleografico, di ornamentale, di retorico o di cartolinesco: bene e male si affacciano sulla pagina con la stessa necessità e la stessa forza, come se nulla potesse assumere un valore di verità se non nell’eterno conflitto tra fatalità (anche tragica) e lotta (anche eroica) per imporre a essa il libero arbitrio del riscatto.

Così Trilogia sporca dell’Avana diventa il libro per eccellenza di quella che, parafrasando Kassir, potrebbe essere definita l’“infelicità sudamericana”. Un’infelicità che è in primo luogo economica, come si evince dalla sua nota biografica, ma anche sociale, esistenziale, sentimentale. Ma un’infelicità che ogni giorno raccoglie dalla nuda miseria dell’immediato le occasioni per un riscatto: in primo luogo in una selvaggia e priapica sessualità e in secondo in quella paradossale riconoscenza mistica che è nel celebrare la vita, gli orizzonti sul mare, i passanti, i colori dell’esistenza, come se in fondo la capacità di conquistare almeno una parvenza di bene dipendesse solo da noi.

Leggere Trilogia sporca dell’Avana vale l’esperienza di un viaggio a Cuba fuori dalle rassicurazioni turistiche. Ma soprattutto vale la rassicurazione che la vera letteratura è un atto di conoscenza dell’uomo e del mondo, e che senza Gutiérrez, probabilmente, Cuba sarebbe privo della sua coscienza nera.

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