Letteratura

2025: Vitangelo Moscarda nell’era digitale

Nel dicembre 1925, “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello cominciava a essere pubblicato a puntate sulla rivista “La fiera letteraria”. Cent’anni dopo, immaginiamo un dialogo tra il protagonista del romanzo e un uomo moderno

  • 2 ore fa
Pirandello con lo scultore Harald Isenstein, Berlino, 1930

Pirandello con lo scultore Harald Isenstein, Berlino, 1930

  • IMAGO / TT
Di: Lucrezia Greppi 

«… Lo specchio vede un viso noto / ma hai sempre quella solita paura / che un giorno ti rifletta il vuoto / oppure che svanisca la figura. E ancora non sai se vero tu sei / o immagine da specchi raddoppiata …»
Moscarda canticchia Guccini, con lo sguardo perso oltre il giardino dell’ospizio. Un giovane infermiere si avvicina con passo svelto, fissando il suo smartphone.

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45:09

Ritratto di Luigi Pirandello

RSI Cultura 10.02.2017, 15:00

Buongiorno, Moscarda.

(Senza voltarsi) Ah, ancora mi chiamate così…

Come dovrei chiamarla?

Un nome… non è altro che un’epigrafe funeraria. Conviene ai morti. A chi ha concluso. Io sono vivo e non concludo.

A dire il vero, sembra che lei abbia rinunciato a vivere, recludendosi qui, lontano da tutti.

Da tutti e da me stesso, dai tanti me che le persone si fabbricavano a loro gusto, oggi in un modo e domani in un altro, secondo i casi e gli umori. La solitudine vi spaventa perché la scambiate per il restare in compagnia di voi stessi. Ma io ho imparato a essere solo in un modo nuovo: senza me, e con un estraneo attorno, l’estraneo inseparabile da me.

(L’infermiere sorride distratto mentre scatta una foto al parco per le sue stories).

E questo estraneo è ancora qui con lei?

Certo che no. Ora io sono nessuno. Sono quest’albero. Domani il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo.

A me pare semplicemente fuori di sé. Un po’ folle, se mi permette.

(Moscarda si volta, un lampo di ironia accende i suoi occhi).

È esattamente questo il punto. Ho camminato sulla strada maestra della pazzia con perfetta coscienza. Voi, invece, date agli altri dei pazzi per rassicurarvi della vostra sanità. Ma basta un commento sgradito e la vostra realtà si sgretola.

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26:19

Pirandello nel centenario della nascita (Archivi RSI, 1967)

RSI Cultura 04.12.2024, 15:00

(L’infermiere smette di spulciare tag e notifiche ed alza il suo sguardo su Moscarda).

Sa, io non sono così suscettibile. Gli altri possono pensare e dire ciò che vogliono. Io so benissimo chi sono.

Sia sincero. Lei vive nell’illusione che gli altri la vedano come lei si rappresenta. E se poi qualcuno vi fa notare un difetto o una mancanza ritenete al più che gli altri siano in errore, vi abbiano mal compreso o mal giudicato. E per confortarvi che fate? Cercate il consenso degli altri; è questo a tenerla in piedi, non la sua coscienza.

Con tutto il rispetto, non accetto lezioni da chi è impazzito per un naso storto.

Lì capii di non essere ciò che m’ero figurato. Non ero uno, ma centomila: diversi per gli altri, diversi per me. Le pare poco?

Capisco, il suo problema è stato che lei non aveva il controllo. Io, invece, scelgo quale versione di me mostrare. Io controllo il mio “Gengè” digitale.

Lei vuole moltiplicarsi, io volevo sparire. Lei mostra un io che presume che gli altri apprezzino. Lei crede di domare quei centomila fantasmi, ma le sfuggiranno. Diventeranno marionette libere nelle menti di chi le guarda.

E allora? Dovrei sparire? Cancellare tutto?

Dovrebbe capire che nessuna di quelle immagini è lei. La vita non si lascia fotografare. Appena la fermi in uno scatto, in un profilo, in una forma… è già morta. Lei sta tanto a mirarsi in questo nuovo specchio, come già facevo io, perché non vive; non sa, non può o non vuol vivere. Vuole troppo conoscersi, e non vive. Siamo nello stesso abisso, in fondo. Io convivo con l’orrore di rimanere comunque “qualcuno”. Lei moltiplica se stesso per fuggire al terrore di essere “nessuno”.

Lei è pazzo!

(L’infermiere si allontana lentamente, con un misto d’avvilimento, stizza e stupore. Moscarda torna sulla sua panca e legge Roland Barthes): «… Lo specchio non intercetta che altri specchi, e questa riflessione infinita è il vuoto stesso (che, lo si sa, è la forma) …»
L’infermiere abbassa lo sguardo sullo smartphone spento. Lo schermo nero riflette il suo volto. Teme che dietro quella luce blu non ci sia mai stato nessuno, ma solo specchi che riflettono altri specchi. Ripone il telefono in tasca con una strana cautela. E osserva il panorama.

La prima edizione di "Uno, Nessuno e Centomila" (Bemporad)

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