Letteratura

Alice Munro, maestra del racconto

La “Cechov canadese” per oltre 60 anni ha investigato l’Ombra attraverso la forma cristallina della short story

  • 15 maggio, 11:19
  • 17 maggio, 14:47
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Alice Munro

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Di: Red./cava
La Munro è uno dei pochi scrittori, alcuni viventi, molti morti, che ho in mente quando dico che la narrativa è la mia religione.

Jonathan Franzen

Nata a Wingham, nell’Ontario, il 10 luglio 1931, vicino a un lago grande come un piccolo mare, la narrativa della Munro risente del luogo in cui prende corpo: l’Ontario, una regione pervasa dal puritanesimo. La bruma, la Bibbia e un certo soffocato indottrinamento gioca qui un ruolo essenziale. Le ragazze e le donne sono impegnate a casa ed è loro vietato lamentarsi o farsi notare. Da questo clima di ingabbiato silenzio nascono i racconti della Munro, che investigano il proibito e l’indicibile.

I suoi personaggi e le sue protagoniste sono veri, veri i sentimenti, vere le battute; veri i colori, le descrizioni. E questo perché la Munro scrive sempre di cose di cui ha fatto esperienza. La sua narrativa piace, perché trasmette un senso di autenticità e di pietà: comprensione per le fragilità umane, capacità di perdonare i torti. E questo indipendentemente dalla loro entità. Nulla di tranquillizzante, ma tanta inquietudine, drammaticità, pervasa da un alone di perdono. Non ci sono happy ending, ma rivelazioni, stupore di fronte alla dimensione oscura dell’essere: «Scrivendo ho capito che io stessa, in certe condizioni, potrei comportarmi in modo disonorevole».

Definita da Margaret Atwood come una tra le voci più significative “della narrativa inglese del nostro tempo”, elogiata da Salman Rushdie come “una maestra della forma”, Alice Munro ha evitato le inutili riflessioni sui massimi sistemi. La quotidianità, fatta di sbagli e debolezze, è stato il perno attorno cui ha costruito le sue storie. Quella quotidianità che di fatto è la storia di tutti , tanto particolare quanto universale.

Casalinga e madre di quattro figli, uno dei quali morto in tenera età, la Munro si è dedicata alla scrittura in tempi interstiziali, durante i sonnellini e le faccende domestiche, pubblicando la sua prima raccolta di racconti, Dance of the Happy Shades, nel 1968, all’età di 37 anni. Nel 1971 seguì Lives of Girls and Women, il suo unico romanzo - in realtà una raccolta di storie interconnesse, come lo definì lei stessa -. Scrittrice di quella che Jonathan Franzen ha definito “empatia patologica”, la “Cechov canadese” ha focalizzato le sue storie sul tema del desiderio e dell’oscurità. Al centro dei suoi racconti campeggia gente apparentemente semplice che trascorre la propria esistenza in un Canada di provincia.

Intervista alla traduttrice Marisa Caramella

A cura di Enrico Bianda, Alphaville 15.05.2024, 11:00

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