Letteratura

Pier Vittorio Tondelli: dalla rabbia alla grazia

A settant’anni dalla nascita, il cuore inquieto di Tondelli continua a parlarci. Tra inquietudine, sogni generazionali e immaginari pop, la sua scrittura non smette di raccontarci chi siamo

  • 2 ore fa
Pier-Vittorio-Tondelli
  • Centro di documentazione Pier Vittorio Tondelli
Di: Mattia Cavadini (Mat) 

Ci sono scrittori che lasciano un segno. E poi c’è Pier Vittorio Tondelli, che ha lasciato una ferita aperta, una voce che ancora oggi vibra sotto pelle. Non è stato solo un autore: è stato un gesto, un’epoca, un modo di stare al mondo. Ha scritto con il corpo, con la musica, con la rabbia e con la tenerezza. Ha scritto come si ama: senza protezioni. A ventiquattro anni, con Altri libertini, ha fatto irruzione nella letteratura italiana come un urlo liberatorio, un atto d’amore e di rabbia, un manifesto per tutti quelli che si sentivano ai margini. Non era solo un libro: era un’esplosione. Un modo nuovo di dire “io ci sono”.

Quel libro, pubblicato da Feltrinelli nel 1980, fu una rivelazione. Un’esplosione di vitalità, di linguaggio, di verità. L’Espresso lo lanciò con un’intervista firmata da Giovanni Giudici, e persino Massimo D’Alema, allora segretario della FGCI, si pronunciò sul caso. Ma Tondelli, davanti al clamore, rimase quasi stordito. «Ho capito che fare lo scrittore vuol dire soprattutto parlare di fatti, non teorizzare. E per di più farsi il culo a scrivere e riscrivere e cambiare e montare. Per me la letteratura è questa gran rottura di palle, che niente vien bene al primo tentativo», disse in un’intervista. Parole che oggi suonano come un manifesto di onestà.

Interviste d'archivio (RSI)

  • Pier Vittorio Tondelli a Mattino d’Autore

    RSI Cultura 16.09.1989, 10:00

    • Luciano Marconi (Mattino d'autore)
  • Frangitempo con Pier Vittorio Tondelli

    RSI Cultura 16.09.1986, 10:00

    • Mauro Bersani (Frangitempo)
  • Lector in Fabula: Pier Vittorio Tondelli

    RSI Cultura 11.04.1987, 10:00

    • Luciano Marconi (Lector in fabula)

Fulvio Panzeri, curatore delle Opere per Bompiani, raccontava che Tondelli non scriveva di getto: costruiva, limava, riscriveva. Di alcuni testi esistono sette, otto versioni. Aldo Tagliaferri, editor Feltrinelli, ricevette un dattiloscritto caotico e lo rimise in discussione. Tondelli si imbronciò, litigò, ma poi si mise al lavoro con una dedizione che nessuno si aspettava. Era un artigiano, prima ancora che un libertino.

Eppure, la sua scrittura non era mai solo tecnica. Era carne e musica, era desiderio e malinconia. In Pao Pao, Rimini, Camere separate, Tondelli racconta la giovinezza, l’amore, la provincia, la morte, la ricerca di senso. In Camere separate, il suo romanzo più struggente, l’amore omosessuale diventa elegia, confessione, resistenza. La sua voce è quella di chi ha vissuto troppo intensamente per fingere leggerezza.

10:08

Pier Vittorio Tondelli, scrittore totale

Diderot 16.12.2021, 17:10

  • pendragon.it

Ma Tondelli non era solo romanzi. Era anche Un weekend postmoderno, il suo archivio personale, il suo diario pubblico. Era il Tondelli giornalista, capace di fondere il racconto e il reportage, come Pasolini, Parise, Arbasino. «Cerco di riprodurre nelle pagine e nel ritmo dei miei romanzi quegli elementi con cui vengo a contatto ogni giorno, di raccontare quello che nello Zen viene chiamato il “qui e ora”. Sono il narratore che mette in scena la superficie; consapevole che questa superficie è la nostra crosta, ma anche sostanza.»

E poi c’era il Tondelli maestro, il Tondelli fratello maggiore. Under 25 non è solo un’antologia: è un gesto politico, un atto d’amore. Tondelli non cercava nuovi scrittori, cercava di trasformare la letteratura in un atto collettivo. In un’epoca in cui tutto ripiegava sull’individualismo, lui apriva spazi, dava voce, costruiva comunità. «Il lettore, come lo scrittore, è un solitario», scriveva, «ma ha bisogno degli altri per comunicare quanto ha letto e quanto ha scritto.»

La sua ricerca era anche estetica: incrociava linguaggi, mescolava musica e immagine, esponeva il proprio corpo, si faceva personaggio. Ma dietro l’icona c’era sempre il mestiere, la fatica, la precisione. Tondelli non era un improvvisatore: era un costruttore di senso. E ogni parola, ogni frase, ogni ritmo era cercato, inseguito, scolpito.

08:45

Gli anni Ottanta di Pier Vittorio Tondelli

Diderot 16.12.2021, 17:40

  • iStock

Pier Vittorio Tondelli è morto per AIDS nel 1991, a soli 36 anni. Pier Vittorio Tondelli non è stato soltanto un autore generazionale: è stato un detonatore culturale, un catalizzatore di linguaggi, un corpo narrante che ha attraversato gli anni Ottanta con la furia e la grazia di chi sa che il tempo è breve e la voce deve essere forte. Come scrive Giulio Milani nel recente Codice Tondelli, la sua eredità è “scandalosa” perché non si lascia incasellare: è ruvida, carnale, impaziente, ma anche lucidissima nel raccontare l’irrequietezza di una gioventù in transizione. Giorgio Fontana, su Internazionale, ricorda che Tondelli ha cantato con autentico pudore la giovinezza, il desiderio, la confusione, i dolori della crescita, scolpendo i suoi personaggi con una esattezza lessicale che non è mai formalismo, ma necessità di toccare il centro emotivo delle cose.

Ma non è mai stato un autore da commemorare. È un autore da vivere. Da rileggere con il cuore aperto, con la voglia di essere veri. Perché Pier Vittorio Tondelli non è stato solo un autore: è stato una scossa, un’epifania, un’urgenza. Ha incendiato la letteratura italiana con la sua voce inconfondibile, con il suo modo di scrivere che era anche un modo di vivere. Non ha chiesto il permesso, non ha cercato approvazione: ha aperto la porta e ha detto tutto. è stato un corpo narrante che ha attraversato gli anni Ottanta con la furia e la grazia di chi sapeva che il tempo è breve e la voce deve essere forte. Come scrive Giulio Milani nel recente Codice Tondelli, la sua eredità è “scandalosa” perché non si lascia incasellare: è ruvida, carnale, impaziente, ma anche lucidissima nel raccontare l’irrequietezza di una gioventù in transizione. Ha dato voce a chi non ne aveva, ha raccontato la provincia come luogo di resistenza, ha fatto della letteratura un atto d’amore. Ha insegnato a chi l’ha attraversato a parlare di sé senza vergogna, a cercare la meraviglia nella superficie, a non fingere mai.

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