Calvino sta al Novecento italiano come Leopardi — soprattutto quello delle Operette morali — sta all’Ottocento: entrambi filosofi travestiti da scrittori, capaci di interrogare il mondo con una lingua che è pensiero in movimento. Se Moravia, Pasolini e Sciascia hanno inciso con forza nel dibattito civile, Calvino ha qualcosa in più: una scrittura che non dice mai nulla di superfluo, che è «lingua esatta e pronuncia intera», come avrebbe detto Foscolo, non sapendo che proprio Calvino avrebbe incarnato quell’ideale con più grazia e rigore di lui.
L'esattezza del fantastico
RSI Cultura 16.03.2023, 11:20
Due sono le qualità che lo rendono inconfondibile: l’esattezza e la leggerezza. Attorno a questi valori ruota il suo saggio Lezioni americane, il testamento intellettuale che avrebbe dovuto contenere sei memos per il nuovo millennio: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza. Le prime cinque ci sono, la sesta resta incompiuta: Calvino muore nel settembre 1985, colpito da ictus, mentre ancora scrive.
Essere leggeri quando si racconta una storia di resistenza — come ne Il sentiero dei nidi di ragno — non è scontato; così come non è ovvio essere esatti quando si fantastica di mondi invisibili — come ne Le città invisibili o nella trilogia I nostri antenati. Eppure Calvino riesce a essere entrambe le cose, sempre. Per quanto irreale sia la trama, la sua scrittura è precisa; e per quanto realistica sia la scena, la sua voce è lieve. Come scrive Ennio Flaiano, Calvino è «un autore con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole»: apparentemente avulso dalla realtà, ma in costante dialogo con la Storia.
Se la fuga dalla realtà è centrale nella sua opera, non meno lo è la critica al mondo capitalistico, alienante e privo di senso. Il suo impegno civile si riflette in articoli e interventi raccolti nel volume La sfida al labirinto, dove lo scrittore riflette sul ruolo dell’intellettuale e sulla funzione della letteratura come bussola nel caos contemporaneo. «Il mondo moderno è un labirinto», scrive, «e l’intellettuale deve trovare il filo per uscirne, o almeno per non smarrirsi».

Italo Calvino - Un uomo invisibile
RSI Archivi 08.12.1974, 12:49
Calvino vede il capitalismo come un sistema in preda all’entropia, alla disgregazione dei significati. Contro questa deriva, oppone la forza della scrittura: una lingua che risponde a regole, a scelte lessicali rigorose, a una grammatica che non tradisce. «La mia fiducia nella scrittura è una fiducia nella possibilità di dare forma al mondo», afferma. L’esattezza diventa così un atto di resistenza, un modo per opporsi allo sgretolamento dell’individuo e del senso.
E la leggerezza? Non è evasione, ma profondità. «Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore», scrive nelle Lezioni americane. È una forma di lucidità, di distacco che permette di vedere meglio, di pensare più a fondo.
Nei suoi romanzi, la realtà è sempre un gioco di specchi. Il confine tra vero e immaginario si dissolve. I temi — il conflitto tra bene e male, la violenza, la liberazione, la Storia che irrompe nella vita dei personaggi — si muovono nell’alone del fantastico. In I nostri antenati, il Visconte dimezzato, il Barone rampante e il Cavaliere inesistente incarnano figure che fuggono dal reale, ma lo interrogano con più forza di chi lo abita.
Calvino non descrive il mondo: lo reinventa. E lo fa con una scrittura che è insieme architettura e danza, rigore e incanto. I suoi riferimenti sono alti: Ovidio, Ariosto, Voltaire. Ma anche Bosch e Brueghel, per la dimensione grottesca e visionaria. In Se una notte d’inverno un viaggiatore, il lettore è trascinato in un labirinto di incipit, in un infinito gioco di rimandi che mette in scena la pluralità del reale. Nulla è univoco, tutto è molteplice.
Schierato con il Partito Comunista sin dall’arruolamento nella divisione “Garibaldi”, Calvino abbandona il PCI nel 1956, dopo la denuncia dei crimini di Stalin. Ma non abbandona l’impegno: resta critico verso il capitalismo, solidale con le lotte per la libertà, vicino a Cuba e al Vietnam. La sua è una militanza intellettuale, fatta di pensiero e di stile.
In lui convivono due tensioni: l’impegno e la fuga. La precisione della lingua e la leggerezza del volo. Calvino ci insegna che la realtà non è mai una, ma sempre molteplice. E che per coglierla davvero, bisogna saperla immaginare.
Calvino prima di Calvino
Laser 18.09.2025, 09:00
Contenuto audio

Italo Calvino a Parigi
Laser 19.09.2025, 09:00
Contenuto audio