Come molte persone nate alla fine degli anni Ottanta, ho passato la seconda metà dei Novanta in carcere. Ricordo tutto come fosse oggi, ho tenuto un diario per testimoniare l’esperienza.
I miei secondini sono due, un uomo e una donna. Chiedono un rispetto assoluto. Il loro potere autoritario non deve mai essere messo in discussione. Minacciano rappresaglie se non seguo le regole. Sono in combutta con un certo Babbo Natale, un tizio che è meglio non far spazientire. È un pezzo grosso del cartello dei videogiochi.
Durante il giorno, i secondini mi accompagnano in strutture esterne e mi affidano a membri specializzati del personale carcerario. Svolgo attività di rieducazione insieme ad altri prigionieri. Tutti siamo scortati lì la mattina, ci vengono a riprendere non appena finiscono le attività. Fuggire è impossibile.
Di notte alle 21 devo essere nella mia cella. I secondini si assicurano che io sia nel mio letto e mi rimboccano le coperte. Alle 22 uno dei due torna – di solito quello di genere femminile – per rimboccarmi le coperte, darmi il bacio della buonanotte e spegnere la luce.
Quell’ora di immobilità nella cella tra le 21 e le 22 è terribile. Dopo le prime settimane, impari a memoria ogni dettaglio del soffitto. Desideri solo un’attività che faccia passare il tempo.
«Secondino Madre,» le dico un giorno. «Nella sua Immensa Magnanimità, potrebbe suggerirmi un’attività da svolgere per evitare la pazzia dell’isolamento serale?». Lei si ferma sulla soglia della mia cella, le sue spalle hanno un sussulto.
«Vedrò cosa posso fare» dice. Se ne va senza voltarsi. La conosco abbastanza per sapere che trama qualcosa.
Qualche giorno dopo sul comodino c’è un libro. Se state pensando alla Bibbia, non siete tanto lontani.
Sulla copertina color tiffany c’è un uomo barbuto che indica in alto con l’indice. Ha un taccuino aperto appoggiato sopra una piccola colonna con il capitello in stile dorico. La scritta dice: Giobbe Covatta – Parola di Giobbe. Il secondino mi ha rifilato un’attività rieducativa con l’inganno. Bien joué, Madre.
Chiasso, la Divina Commedia di Giobbe Covatta
Il Quotidiano 17.05.2017, 21:00
Per una settimana non cedo alla provocazione. Mi dimostro incorruttibile. Insomma, un libro? Con chi pensano di avere a che fare?
Passato quel tempo però la noia diventa insormontabile. Inizio a sfogliarlo. Scopro qualcosa di inaspettato: fa ridere. C’è raccontata la storia della Bibbia, o qualcosa del genere. Ma l’uomo barbuto non la racconta come il prete durante l’ora di religione. La racconta in maniera divertente. Non capisco tutto, ma quello che capisco fa ridere. Sono sconvolto.
Perché nessuno me l’aveva detto, che si potevano fare delle cose del genere con le parole? Chi altro lo sapeva, oltre a me? Era solo un trucco per farmi diventare un prigioniero migliore?
L’unica cosa che so è che devo mantenere il segreto: se gli altri prigionieri scoprissero che rido leggendo i libri, sarei preso come un collaborazionista. Guardato con sospetto. La mia vita diventerebbe un inferno. D’altra parte, dopo qualche mese di lettura e rilettura conosco il libro dell’uomo barbuto a memoria. Sta cominciando a diventare come il soffitto della cella. Devo fare qualcosa.
«Secondino Madre,» dico un giorno a uno dei miei carcerieri. «L’oggetto da lei suggerito come passatempo conciliatore del sonno ha incontrato il mio gusto. Avrebbe altri titoli da suggerirmi nella sua Immensa Conoscenza?» Quelle parole fanno attrito come cracker ingoiati senz’acqua, ma sono necessarie.
Nel corso degli anni arrivano tutta una serie di autori di libri e fumetti che compongono ancora oggi una parte fondamentale dei miei riferimenti culturali. Stefano Benni e il suo Bar Sport, Paolo Villaggio con la serie di Fantozzi, ma anche Bill Watterson con Calvin & Hobbes, Le lettere di Groucho Marx e Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams. La lista diventa presto lunga.
Dagli archivi RSI: Incontro con Stefano Benni (Turné del 25/01/14)
RSI Info 29.09.2015, 17:21
Se sono diventato un lettore, lo devo a Giobbe Covatta: questo voglio dire. E a lui devo anche il mio feticismo per la letteratura umoristica.
So che “letteratura umoristica” per alcune persone è un ossimoro. Non aiuta il fatto che, se si cerca nella categoria “libri divertenti” su Amazon, i primi risultati sono Quiz da fare mentre fai la cacca e Crimini e misteri da risolvere mentre fai la cacca. Non è una collana, sono di autori diversi. Ho controllato.
Salvo per i capolavori del genere, spesso non si pensa alla letteratura come il perfetto medium per suscitare delle risate. Ed è anche vero che le risate che suscita la lettura di solito assomigliano di più a delle sbuffate d’aria dal naso. Oggi ci sono formati più immediati, per accogliere e distribuire la comicità. Esistono però opere che riescono a far convivere al meglio letteratura e risate. Quindi vorrei dare, in tutta umiltà, alcuni consigli a chi desideri avventurarsi in questo mondo. Ne vale la pena, credetemi.
Il primo consiglio, rimanendo nel campo tematico affrontato da Giobbe Covatta nel già citato Parola di Giobbe, è Il vangelo secondo Biff, amico di infanzia di Gesù di Christopher Moore. La trama è semplice: su specifica richiesta del Messia, a duemila anni dalla sua morte, un angelo fa resuscitare il suo migliore amico Biff e gli dà il compito di scrivere un nuovo Vangelo. Ne emergerà una storia fatta di miracoli, kung fu, monaci tibetani pazzi e viaggi. La penna sarcastica e cinica di Moore riesce a far ridere senza banalizzare o essere forzatamente irriverente nei confronti del cristianesimo.
Il secondo, spostandosi (ma nemmeno troppo) di tema è Good Omens - Le belle e accurate profezie di Agnes Nutter, Strega di Terry Pratchett e Neil Gaiman. Si tratta di una commedia tra il fantasy umoristico e apocalittico, in cui l’Anticristo viene consegnato sulla Terra per mettere in moto gli eventi che porteranno alla distruzione del pianeta e alla guerra tra Paradiso e Inferno. L’angelo Aziraphale e il demone Crowley, che vivono sulla terra in incognito, decidono di evitare l’Apocalisse influenzando la crescita dell’Anticristo in modo che non scateni l’Armageddon. Anche qui, è più facile leggerlo che spiegarlo, ma si toccano dei picchi di umorismo fantastici.

Anatomia del comico
RSI Archivi 14.05.1991, 10:48
Tra i consigli di lettura non può poi mancare David Sedaris, di cui si può leggere un po’ tutto ma consiglio di partire da Me parlare bello un giorno. L’autore è un maestro del racconto umoristico autobiografico e dell’autofiction, i suoi aneddoti romanzati vengono raccontati con uno sguardo intelligente e un po’ cinico che gli è valso un folto pubblico di fedelissimi.
Se si è più indirizzati alla satira e ai classici, Jonathan Swift è una lettura imprescindibile. L’autore de I viaggi di Gulliver ha fatto scuola sulla scrittura satirica moderna e contemporanea e il suo Una modesta proposta rimane ancora oggi un capostipite del genere.
Rimanendo nel genere, ma spostandoci un po’ più in avanti nel tempo, va sicuramente nominato Comma 22 di Joseph Heller. Pubblicato per la prima volta nel 1961, il libro è una feroce critica alla guerra e viene spesso visto come il capolavoro della letteratura antimilitarista. Poche opere sono riuscite a rappresentare paradossi e assurdità dei conflitti armati, generando allo stesso tempo delle sincere risate per il loro umorismo surreale.
Chiaramente l’umorismo è qualcosa di personale e non tutte le opere consigliate strapperanno a tutti le risate (a volte amare) che hanno strappato a me. Spero però possano essere per alcuni, insieme ai testi citati in precedenza, un primo passo verso un genere ricco e pieno di sfumature in cui chiunque può trovare almeno un’opera di suo gusto. Nel peggiore dei casi, spero siano una breve pausa dalle carceri del quotidiano e strappino una risatina sommessa. Tipo uno sbuffo dal naso.






