- La musica è tutta relativa - Luciano Berio. Anteprima del documentario di Roberta Pedrini sulla vita e le opere del compositore - Al Cinema Iride il 24.10 alle 20.30
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Luciano Berio è stato uno dei compositori più influenti e visionari del XX secolo. La sua opera ha ridefinito i confini della musica colta, intrecciando avanguardia e tradizione, elettronica e vocalità, pensiero critico e sperimentazione radicale. Berio non ha solo scritto musica: ha costruito un linguaggio, ha aperto strade, ha insegnato ad ascoltare in modo nuovo. A cento anni dalla nascita, il suo lascito è più attuale che mai.
Nato il 24 ottobre a Oneglia nel 1925, Berio ha attraversato il secolo con la curiosità di un esploratore e la lucidità di un teorico. Dalla fondazione dello Studio di Fonologia della RAI con Bruno Maderna alla direzione dell’IRCAM di Boulez, dalla collaborazione con Cathy Berberian alla creazione di opere come Sinfonia (1968) o Outis (1996), la sua traiettoria è stata quella di un artista che ha saputo coniugare rigore e immaginazione, avanguardia e comunicazione.
Il 2025 lo celebra con una costellazione di eventi: concerti, installazioni, documentari, convegni. A Milano, la Triennale e il Teatro alla Scala hanno dedicato tre giorni a Outis, con un’installazione sonora immersiva e dialoghi tra compositori contemporanei. A Francoforte, la rassegna “Con/Sequenze” ha riproposto le sue celebri Sequenze, capolavori per strumento solo che esplorano i limiti e le possibilità del gesto musicale. In Svizzera, il Conservatorio della Svizzera italiana ha lanciato “Focus Berio 2025”, un anno di incontri e concerti per raccontare la sua visione delle “musiche” al plurale. E la RSI ha prodotto un documentario, La musica è tutta relativa, che ne ripercorre la vita e l’opera, sottolineando il suo ruolo di innovatore e pedagogo, con prima al Cinema Iride il 24 ottobre alle 20.30 e in programma a Paganini il 2 novembre (RSI LA 1 alle 10.30).
Berio è stato un compositore che ha saputo parlare molte lingue: quella della musica elettronica, della vocalità sperimentale, della tradizione popolare, della filosofia del linguaggio. Ha trasformato la partitura in un campo di tensione tra scrittura e oralità, tra struttura e improvvisazione. In Sinfonia, ha fatto dialogare Mahler, Beckett, Lévi-Strauss e i cori del Maggio ’68. In Folk Songs, ha dato nuova vita a melodie popolari di tutto il mondo, restituendo loro una dignità colta e universale.
Ma forse il lascito più profondo di Berio è la sua idea di musica come forma di pensiero. «Comporre è come costruire un oggetto che pensa» — diceva. In un’epoca in cui la musica rischia di diventare solo intrattenimento o sottofondo, Berio ci ricorda che essa può ancora essere uno spazio critico, un laboratorio di senso, un esercizio di libertà.
Berio non ha solo scritto musica: ha scritto il Novecento. Lo ha interrogato, decostruito, amplificato. Ha dato voce alle sue contraddizioni, ai suoi fantasmi, alle sue utopie. Come ha sottolineato Roberto Iovino, Berio ha saputo trasformare il gesto musicale in un atto scenico, in un pensiero incarnato, in una forma di resistenza culturale.
In un’epoca che rischia di confondere la complessità con l’incomprensibilità, Berio ci insegna che la musica può ancora pensare. Può ancora disturbare, illuminare, trasformare. Il suo centenario non è solo una celebrazione: è un invito. A non accontentarsi. A non smettere di ascoltare.
Una voce per il futuro
Voi che sapete... 19.05.2025, 16:00
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