Dopo aver fatto parte di quella che probabilmente - un probabilmente figlio di giornalistica prudenza - è stata e rimane la più grande pop band di tutti i tempi, Paul McCartney avvertì quel senso di svuotamento che solo un’esperienza totalizzante come quella dei Beatles poteva provocare una volta terminata.
Sì, è vero, già ai tempi del White Album (1968) i Fab Four erano sempre più dei separati in casa, con tensioni e screzi che si riflettono in quel doppio disco così disomogeneo nella sua scaletta. Ma dopo il 1970, anno di scioglimento della band, tutti quei malumori nella testa di “Macca” avevano fatto spazio alla nostalgia per il lavoro con i compagni d’avventura John George & Ringo e i collaboratori dietro le quinte.
A quel punto, riprendendo dal frasario politico, che fare? Le strade per Paul erano sostanzialmente due: appendere il basso al chiodo o aprire un nuovo capitolo. La scelta cadde sulla seconda, e fu così che nel 1971 nacquero gli Wings.
A dare vita al nuovo progetto, oltre al protagonista di queste righe, la moglie Linda e il chitarrista Denny Laine. 7 i dischi in studio pubblicati, un suono che spazia dal pop al folk, dal reggae al soul, ma che si concede anche il lusso di sperimentare. Nel loro repertorio troviamo Band on the Run, Live and Let Die, Let ‘Em In, tutte canzoni che McCartney ancora oggi suona dal vivo.
Su quelle ali evocate nel nome, Paul spiccò il volo verso un orizzonte di guarigione e rinascita, personale e artistica. Togliendosi anche la soddisfazione di superare sé stesso: Mull of Kintyre fu il primo singolo nel Regno Unito a vendere più di 2 milioni di copie e diventare il singolo più venduto di sempre, superando She Loves You.
Sull’epopea degli Wings si segnalano, in questi primi giorni di novembre 2025, due iniziative, una editoriale e una discografica: il libro Wings – Una band in fuga (La nave di Teseo), scritto da McCartney, e l’antologia definitiva in diversi formati Wings (Universal).
Ma siccome nell’immaginario degli appassionati Paul non può prescindere da John George & Ringo, e viceversa, il critico musicale Riccardo Bertoncelli, ospite di Sergio De Laurentiis a Kappa, ha selezionato per ciascun Beatle il disco solista da ascoltare.
John Lennon - Imagine (1971)
«Non solo per quella canzone», osserva Bertoncelli «perché gli inni troppo sciupati a un certo punto mi vengono un po’ a noia, ma perché lì ci sono delle belle canzoni». Brani come Jealous Guy e How Do You Sleep?, frecciatina a Paul McCartney, «che al di là di tutto era un’idea audace, perché è raro che un artista si metta così in gioco nei suoi malumori».
Paul McCartney – McCartney II (1980) e Flowers in the Dirt (1989)
La scelta cade su due dischi atipici: il primo uscì poco prima della dissoluzione dei Wings («C’era una canzone romantica, Waterfalls, che mi piaceva tanto»); il secondo fu realizzato con il «badante» Elvis Costello nel 1989 («Un disco piacevole, nessuna invenzione»).
George Harrison - All Things Must Pass (1970)
Il “Beatle tranquillo”, com’era soprannominato, «ha sempre avuto idee eccentriche; i Beatles lo aiutarono a metterle in quadro. Quando uscì dai Beatles non aveva più quell’aiuto, ma riuscì lo stesso a fare delle belle cose». Un disco per Bertoncelli un po’ troppo pasticciato ma che ha il pregio di contenere If Not for You, resa delicata come nemmeno il suo autore, Bob Dylan, è mai riuscito a fare.
Ringo Starr - Time Takes Time (1992)
«Mi piace sempre quando uno esce dai binari», racconta Bertoncelli, che apprezza questo disco perché nel lungo periodo dà maggiori soddisfazioni. Il batterista si avvalse alla produzione di Don Was: «Uno strano accostamento: il vecchio venerabile, non grande interprete ma superstar, e un produttore bravo e sempre alla ricerca di nuove occasioni».
“Wings - Una band in fuga”
Konsigli 05.11.2025, 17:45
Contenuto audio

